Il programma dell’universo

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Recensione di
Il programma dell’universo
di Seth Lloyd
2006, XIV-206 p.
Einaudi – Torino

L’immagine tradizionale dell’universo è basata sulla metafora della macchina. Il paradigma della fisica moderna è di tipo meccanicistico: il mondo è analizzato sulla base del funzionamento dei congegni che lo fanno muovere. Questo libro propone l’adozione di un nuovo paradigma: il mondo come una macchina che elabora informazione. Il suo autore, professore di ingegneria meccanica al MIT di Boston, è uno dei pionieri del computer quantistico, che sfrutta le proprietà quantistiche delle particelle elementari per realizzare capacità di calcolo irraggiungibili con un computer tradizionale.
Secondo Lloyd, l’universo è fatto di bit, l’unità minima di informazione. Ogni singola molecola, ogni atomo, ogni particella elementare registra bit di informazione. Le interazioni tra questi frammenti di universo cambiano i rispettivi bit e quindi modificano l’informazione: in altre parole, l’universo computa. E siccome il suo comportamento è regolato dalle leggi della meccanica quantistica, la storia dell’universo non è che un lungo, continuo, gigantesco calcolo quantistico. Dobbiamo comprendere in che modo la realtà registra ed elabora l’informazione. Gli atomi non sono i soli in grado di registrare informazione: ci sono anche i fotoni (particelle di luce), i fononi (particelle sonore), i punti quantistici (atomi artificiali). Come tutti i sistemi fisici, gli atomi rispondono a cose come energia, forza, impulso, luce, onde sonore, elettricità e gravità. I sistemi fisici parlano una lingua la cui grammatica è data dalle leggi fisiche. L’universo è un computer quantistico. Ma cosa calcola? Se stesso, o meglio la sua evoluzione.
Partiamo dall’origine della vita sulla terra. Gli organismi viventi hanno geni, sequenze di molecole che codificano informazione. Ogni informazione può essere quantificata: per esempio, il genoma umano contiene l’equivalente di sei miliardi di bit. Ma prima della vita sulla terra ci fu una rivoluzione dell’informazione, il momento in cui nacque il primo processore di informazione: l’universo. La capacità computazionale dell’universo è alla base di tutte le rivoluzioni successive. Se un sistema fisico è in grado di trasformare informazione in modo rudimentale (effettuando semplici operazione, pochi bit alla volta), allora può partire da queste basi per costruire sistemi sempre più elaborati: lo stato di ogni particella rappresenta uno o più bit, ogni cambiamento di stato di una particella è un’operazione logica elementare. Un piccolo numero di bit registra un gran numero di alternative. La straordinaria diversità della vita è data dal numero astronomico di possibili codici genetici, ma l’informazione necessaria per generarli sta tutta in un minuscolo cromosoma.
L’universo è nato poco meno di 14 miliardi di anni fa da una colossale esplosione, il Big Bang. La materia come la conosciamo oggi si è andata formando a partire dal brodo primordiale cosmico man mano che questo si espandeva e si raffreddava. Tre minuti dopo il Big Bang si erano già formati i materiali necessari per costruire gli atomi più semplici, idrogeno ed elio. Grazie alla forza di gravità, questi mattoni si sono uniti insieme per dare origine a strutture sempre più complesse, come le prime stelle e galassie, apparse 200 milioni di anni dopo il Big Bang. Gli elementi pesanti (come il ferro) si sono formati in seguito durante le esplosioni delle prime supernove. Il nostro Sole è apparso 5 miliardi di anni fa, e poco più di un miliardo di anni dopo il nostro pianeta già brulicava di vita. L’energia è un prodotto dell’espansione dell’universo. Essa, nella sua forma radiante (la luce) o convertita in massa (nei protoni, neutroni ed elettroni), è sempre la capacità di compiere lavoro. E’ noto che secondo il primo principio della termodinamica l’energia si conserva: essa può assumere diverse forme (calore, lavoro, elettricità, forza meccanica, ecc.) ma non può svanire del tutto. Ma se l’universo è saltato fuori dal Big Bang, da dove è venuta tutta l’energia iniziale?
La meccanica quantistica rappresenta l’energia sotto forma di trama fondamentale dell’universo (i campi quantistici), intessuta di fili dati dalle particelle elementari: fotoni, elettroni, quark. L’energia che vediamo sotto forma di massa, calore, luce solare, e così via, è stata estratta dai vari campi quantistici grazie all’espansione dell’universo. La forza di gravità, che tende a far unire i corpi, è responsabile di questo “risucchio” di energia, che non cessa perché l’espansione è continua.
Energia e informazione sono complementari: l’energia fa fare cose alle cose, l’informazione dice alle cose cosa fare. Una parte dell’informazione invisibile contenuta in un sistema fisico si chiama entropia. Essa è la misura del grado di disordine, che ci dice quanta parte dell’energia di un sistema è imprigionata nel sistema stesso e dunque non utilizzabile per essere convertita in lavoro.
Il secondo principio della termodinamica asserisce che l’entropia dell’universo non decresce, e dunque aumenta l’energia non disponibile. I due principi della termodinamica regolano gli scambi tra energia e informazione.
Prima del Big Bang, nessun bit, nessuna energia. E poi all’improvviso l’universo cominciò a esistere. Iniziò il tempo e lo spazio con lui. Appena nato, l’universo cominciò a espandersi. Man mano diventava più grande, estraeva sempre più energia dai campi quantistici associati al tempo e allo spazio. L’universo primordiale rimaneva un oggetto semplice e ordinato, descrivibile in pochi bit. L’energia prodotta era soprattutto energia libera che, con il proseguire dell’espansione, veniva convertita in calore e venivano create le particelle elementari. Mentre la sua energia si trasformava, l’universo continuava a elaborare informazione. Dopo il primo miliardesimo di secondo l’universo era diventato molto caldo e quasi tutta la sua energia era presente in forma di agitazione termica, c’era poco ordine e non era possibile che sorgesse la vita. L’universo continuava a espandersi e raffreddarsi. Il moto delle particelle elementari si faceva meno frenetico, ma l’informazione necessaria per descrivere il loro comportamento continuava a crescere. Mentre le fluttuazioni diventavano meno violente, dal brodo primordiale cosmico cominciavano a emergere dei nuclei di materia, che alla fine assunsero le forma che oggi osserviamo. Prima dell’arrivo degli atomi, quasi tutta l’informazione dell’universo era immagazzinata nelle particelle elementari. I bit erano impegnati a registrare posizione e velocità di protoni, elettroni, e compagnia. L’informazione totale era ancora molto poca e l’universo era ancora molto uniforme. Ma in alcune zone si trovava una maggiore densità. Con il tempo l’attrazione gravitazionale fece addensare sempre più materia in queste zone che aumentarono ancora la loro densità a scapito delle altre. Gli ammassi di materia crescevano, il campo gravitazionale dava loro sempre maggiore energia, questa faceva aumentare la velocità delle particelle e la materia si scaldava. Oltre una certa massa critica poteva avere luogo una reazione termonucleare e nascere una stella. A partire da un semplice stato iniziale e con il vincolo di semplici leggi fisiche, l’universo ha elaborato e replicato in modo sistematico i bit registrati.
Dopo il Big Bang le varie componenti dell’universo si sono messe a provare tutti i calcoli possibili, fino a quando ebbe origine la vita. Dopo miliardi di anni di prove ed errori alcuni organismi scoprono la riproduzione sessuata, che con il rimescolamento genetico, permette il cambiamento ed amplia il potenziale di diversità di informazione genetica. Dopo altri miliardi di anni, i viventi hanno a disposizione una serie di organi informativi: occhi, naso, cervello, ecc.
Centomila anni fa la specie umana si imbatte nel linguaggio che diventa un congegno straordinario per elaborare informazione e farla circolare rapidamente. Sono linguaggio e pensiero a distinguerci dagli altri esseri viventi, ma siamo fatti di atomi come tutto il resto.

Questo in sintesi il paradigma computazionale espresso da Lloyd. Esso ha un campo di applicazione molto vasto e, per quel che ci riguarda, può influenzare anche la psicologia dinamica, infatti il concetto di informazione consentirebbe di superare il dualismo intrinseco alla teoria pulsionale e la definizione stessa di psiche come qualcosa di separato dal corpo.
Il dibattito sulla natura della psiche, come noto, è sconfinato. Inoltre vi è molta ambiguità sui meccanismi di rapporto tra le strutture, le funzioni e i processi psichici e il soma in generale.
Il modello meccanicistico della psiche proposto da Freud, e poi ripreso e ampliato dai suoi successori, risente comunque sempre dell’antico problema della dualità mente corpo e, nel caso, psiche soma. Freud definiva la pulsione come un elemento dinamico “al confine tra la psiche e il soma”, e così, implicitamente, sottolineava la dualità psiche soma.

La mia proposta 1 , sulla scorta delle argomentazioni di Seth Lloyd e di altri, è di considerare la psiche l’insieme dei processi di elaborazione dati, rappresentati dagli scambi energetici, a tutti i livelli di strutturazione della materia vivente, e in particolare del corpo umano.
Si elimina così il problema del dualismo psiche soma e si apre una nuova prospettiva da cui osservare e comprendere le manifestazioni psicosomatiche in genere.
La nuova prospettiva computazionale permette di introdurre nel modello micropsicoanalitico i concetti d’informazione e di elaborazione dati e vedere psiche e soma nelle loro interazioni come altra faccia di una stessa medaglia.
Inoltre offre una ulteriore cornice di riferimento ad alcuni aspetti fondanti del modello micropsicoanalitico che riporta al vuoto e alla strutturazione dell’energia l’origine della dinamica psichica.
Infatti, secondo il paradigma energia = informazione e scambi energetici = elaborazione d’informazione, qualsiasi processo somatico, da quelli biomolecolari intracellulari, a quelli cellulari, sino ai vari organi, cervello compreso, sono osservabili come un’unità, come un unico elaboratore d’informazioni. Ovviamente d’informazioni che hanno significato per l’organismo vivente, ossia sono importanti per la sopravvivenza.
Con ciò non si vuole proporre di abbandonare precedenti paradigmi o prospettive epistemologiche e euristiche.
La realtà, si sa, è una, e inconoscibile.
La scienza è, al momento, il migliore e più economico modo di orientare il nostro comportamento in eventi di interazione con l’ambiente in cui viviamo.
Il paradigma proposto da Seth Lloyd è solo un altro strumento che ci può aiutare, in specifici ambiti e circostanze, a costruire modelli e teorie utili ad operare in quegli specifici ambiti e circostanze.
Voglio dire che, se cerco di inviare una sonda spaziale ad esplorare Marte, adotterò il buon vecchio paradigma meccanicista e ragionerò in termini di energia meccanica.
Ma, in psicoanalisi e ancor di più in micropsicoanalisi mi sembra molto utile adottare la posizione di Lloyd che permette di inquadrare in una unica cornice concettuale le scoperte che la metodologia d’indagine micropsicoanalitica ha reso possibili.
Questa prospettiva unifica la psiche e il soma in un’unica realtà. Voglio dire che se guardo, per esempio la mia mano, la posso vedere come facente parte di un unico sistema di memorizzazione e elaborazione d’informazione. Insomma come entità psichica.
Allora è chiaro che non vi è differenza tra un pensiero, una rappresentazione/affetto, un oggetto interno, un vissuto, un complesso mnemonico traumatico inconscio e le mie cellule e, in genere, il mio corpo. Tutto è mente e psiche.
Inoltre, poiché tutte le entità viventi e non, sono parte del calcolatore universale, anche le relazioni tra esseri viventi, tra analista e analizzato, possono essere osservate secondo la nuova prospettiva, inclusa la comunicazione inconscio/inconscio che già le teorie di campo suggerivano.
Anzi, poiché scambio d’informazioni significa anche scambio energetico, ne discende che ogni comunicazione implica cambiamento nelle entità coinvolte. E’ un altro modo di confermare la realtà dell’azione psicoterapeutica.

Marco Tartari

Note:

1  Marco Tartari, “Il concetto di energia in psicologia dinamica”, tesi di Laurea in Psicologia, 2006, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Psicologia.