APPENDICE, IN MERITO ALL’INCONTRO FREUD-MAHLER

Una nuova riflessione, nata in occasione del Festival Mahler – ottobre – novembre 2023 – da parte dell’Orchestra Sinfonica di Milano, Auditorium, Largo Mahler, 1- 20136 Milano.

Facendo riferimento all’articolo:

FREUD (1910) E L’IMMAGINE IN MICROPSICOANALISI: GUSTAV E ALMA MAHLER TRA PASSIONE E SOFFERENZA

Riascoltando, in particolare, l’Adagio della Sinfonia N. 9 (composta nell’estate del 1909 a Toblach in Tirolo, oggi Dobbiaco. Eseguita per la prima volta, postuma, il 26 giugno 1912 a Vienna), non mi son più sentita di assecondare il vissuto, come da vox populi, di un religioso composto protagonismo di addio alla vita, esente dalla bipolarità calma-dramma cui è stato fatto riferimento di tanto in tanto, presentata invece, in questo mio lavoro, come interiorizzazione del processo di elaborazione ricombinativa. Questa volta, mi si è presentata una nuova idea di protagonismo: l’immagine di un artista affermato che, deposta l’angoscia della morte imminente, si immerge nella consapevole beatitudine della grandezza della sua arte, sapendola, già regalo per l’umanità. L’Adagio del 1909 celebra infatti il momento in cui si è pronti a lasciar andare la vita in neutra sobrietà, nel farsi strada di un silenzio che si spegne nell’avanzare del vuoto, depositate le nostalgie che possono aver fatto compagnia nella vita, come sempre succede nella sofferenza di corpo e anima.

Mi son trovata a riflettere sul fatto che la consapevolezza di una grandezza, lasciata in eredità, possa indurre a congedarsi dalla vita in un composto abbassamento di tono in cui ogni suono, infin si spegne in un silenzio di pace, che può ormai fare a meno anche delle parole appassionate, vergate in margine sul manoscritto: “O gioventù! Svanita! O amore! Passato!”, sparite poi dalla partitura. Parole non più necessarie perché soppiantate dalla distensione raggiunta dalla sublime musica di un Maestro che ha messo a tacere tutto, rarefacendo, dilatando il superfluo per addivenire all’essenza, nucleo base del suo lascito.

Ed allora, oggi, ho ancora ripensato al breve ma intenso incontro Freud-Mahler.

Un incontro che ha favorevolmente colpito il Maestro (pur restio a immedesimarsi nella musica, salvo il canticchiare sull’amicizia dal Don Giovanni di Mozart, accarezzando il cagnolino Jofi, come ne scrive a Marie Bonaparte in una lettera del 6 dicembre 1936), per il privilegio di aver potuto cogliere, nella geniale duttilità creativa del Musicista, una sua dote di immediata comprensione, anche psicologica. Ciò che verrà anche socializzato in una lettera del 1935 a Theodor Reik, che sta giustappunto elaborando psicoanaliticamente Mahler e la sua musica (cf. Lucilla Albano, cit. pp. 33-36).

E, qui, mi sento oggi di dire che possa essere stata proprio questa grandezza artistica che Freud ha colto, ora direi, minimizzando il conflitto umano di cui Mahler è portatore e di cui il Maestro gli fornisce una spiegazione, allora egregiamente intuita in cui la coppia problematica si sceglie su tracce più o meno rimosse, come oggi possiamo sicuramente dirne. L’accettazione immediata del Musicista di tale Illuminata Spiegazione la sento ora come il segno di un incontro sotterraneo favorente tra i due. Il che mi porta ad ipotizzare che si fosse inconsciamente instaurata una relazione transferale/controtransferale istantaneamente positiva, anche se a quei tempi, nel 1910, questo e altro non era ancora teoricamente disquisito e accertato.
A dire che le miserie umane si aggiustano e, sapendosele anche spiegare possono vieppiù attutirsi, ma l’arte resta ed è questa l’immortalità che Freud, inconsciamente, potrebbe avere colto in Mahler: entrambi portatori di uno stesso desiderio inconscio, comune e contemporaneo (richiamo ancora Peluffo 2006, cit.) di lasciti ereditari di valore, votati ad un incremento di benessere per l’umanità, in consapevolezza e bellezza.
E questo va nel senso del mio studio, che considera la “persona” (anche nel suo spessore creativo oltre che energetico-pulsionale), piuttosto che l’aspetto “psicopatologico” che può, quello sì, dissiparsi con l’aiuto dell’incontro con un tramite, anche in tal senso, sinergicamente propositivo.

Daniela Gariglio, 30 9 2023