Alla ricerca della salute. Immagini in risonanza: tracce di benessere nell’arte preistorica e in analisi

Foto in alto: “Doppia Statua di Mefistofele e la Margherita” (risaputi personaggi del Faust di Goethe). Anonimo francese del XIX secolo – Museo Salar Jang – Hyderabad, India.

 

Il presente lavoro (Gariglio, 2015, N. 13, pp. 15-24) è stato pubblicato da Anamorphosis, a cura di Wilma Scategni e Stefano Cavalitto1.

Perché riproporre questo articolo

Mentre continuo a riflettere e a raccogliere dati, in merito alla “trasformazione dell’Immagine” nella clinica micropsicoanalitica, dal graduale decremento energetico-pulsionale delle sfaccettature conflittuali e traumatiche2 al successivo palesarsi (dal potenziale resiliente latente) di tracce di benessere più legate alla vita e alla creatività, elaborabili e ricombinabili con i residui traumatici, mi imbatto nel lavoro di cui sopra e ne riassaporo soprattutto il punto 8 (p. 20) che parla di “benessere riattivabile”, compendiato con “buon auspicio, salute…”, attraverso un inserto etimologico tratto da una ricerca di Eldo Stellucci. Di qui, mi vien voglia di esportare l’articolo anche nel nostro sito IIM. E, sempre riflettendo sull’importanza di trasmettere consapevolezza sul ruolo dell’Immagine, aspetto fondamentale del nostro percorso analitico, riaffiora alla memoria un periodo di docenza e supervisione in Corsi di Specializzazione (Istituto Superiore di Psicologia Sociale) in cui avevo creato una sorta di laboratorio sperimentale dove gli allevi mettevano in scena, come protagoniste della loro relazione terapeutica, le immagini consapevolizzate in supervisione. Vi avevo cioè creato il primo tentativo di compendio psicodramma/micropsicoanalisi, assemblando due Formazioni che, quando posso, continuo a sperimentare, per far sempre più luce sulle possibilità curative delle sfaccettature consapevolizzate. E, a proposito di immagini “curative, nel senso di benefiche”, sfociate da percorsi micropsicoanalitici, rimando al libro di Enzo Demarchi, Punti di luce. Immagini in trasformazione, quarta pubblicazione di una collana, ideata e nata nel 20173. In questo contesto di riflessione e ricerca, ha fatto infine capolino una probabile nuova Autrice per detta collana, con una proposta di un suo intenso lavoro dove viene data voce proprio all’immagine usata in diversi contesti terapeutici… (caso relativo, incroci sotterranei?). Da tutto questo, qui brevemente rievocato, mi auguro possa evidenziarsi la prolifica energia creativo-pulsionale delle immagini che, in quanto, per noi, tracce psicobiologiche onto-filogenetiche, possono emanare anche benessere, spingendo verso relazioni appaganti, capaci cioè di nutrirsi meno di conflitto e più di sinergia.

ALLA RICERCA DELLA SALUTE

IMMAGINI IN RISONANZA: TRACCE DI BENESSERE NELL’ARTE PREISTORICA E IN ANALISI

Daniela Gariglio (2015)

Nella consuetudine di una soddisfacente collaborazione, sono stata invitata da Wilma Scategni, a presentare all’incontro a più voci: “Sogni, Incubi, Visioni/Esperienze e riflessioni cliniche sul pensiero di C. G. Jung e J. Hillman” un lavoro, svolto anche con l’ausilio di un archeologo (2011), su certe immagini di arte preistorica, confrontate con certo linguaggio associativo di campi psicoanalitici (nei momenti terminali dell’analisi), entro i quali mi muovo clinicamente come micropsicoanalista e nell’attività di formazione come Didatta. Sull’onda del pensiero di Jung per cui “la psiche consiste essenzialmente in immagini”, tale partecipazione, come voce tra le voci, mi ha piacevolmente solleticata a immergermi, ancora una volta, sul ruolo dell’immagine, dove possono incontrarsi scuole di pensiero diverse; secondo il pensiero micropsicoanalitico, portato in Italia dal Prof. Nicola Peluffo, che lo ha trasmesso per molti anni, nel suo insegnamento di Psicologia Dinamica presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Torino, la nozione di “Immagine” 4 è, ad esempio, “un patrimonio umano di tracce psicobiologiche” (e rimando alle note 4/5 gli eventuali interessati).

Il mio contributo nello spazio dell’incontro, oggetto di questo lavoro, ha ripercorso una ricerca, portata con il collega Daniel Lysek, psicoanalista svizzero, al XXIII Valcamonica Symposium (2009), “L’attività creativa nella preistoria: un’espressione di tracce di benessere?” (BCSP, N° 36, 2010, pp. 60-70) e al XXIV Valcamonica Symposium (2011), “Arte, comunicazione e benessere” (Atti, pp. 180-187). I due lavori sono facilmente accessibili nella ripubblicazione degli Atti in Psicoanalisi e Scienza, una Rivista on-line
(1. https://www.psicoanalisi.it/etnopsicoanalisi/lattivita-creativa-preistoria-unespressione-tracce-benessere/6173/,
2a. https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/arte-comunicazione-e-benessere/3436/,
2b. https://www.psicoanalisi.it/francais/art-communication-et-bien-etre/6144/) dove le immagini degli Atti si possono gustare a colori.

Tale ricerca si era interrogata sulle possibili risonanze profonde tra l’uomo preistorico e quello attuale, appoggiandosi su materiali associativi di seduta, rivisitati e discussi osservando immagini di Arte rupestre. In specifici lavori (cfr. ad es. il libro base, Gariglio, Lysek, 2007, https://www.psicoanalisi.it/libri/creativita-benessere-movimenti-creativi-in-analisi-di-daniela-gariglio-e-daniel-lysek/3605/) di osservazione e riflessione psicoanalitica, avevamo già formulata l’ipotesi che certe situazioni della vita quotidiana, espressioni sia preistoriche che contemporanee, potessero esprimere tracce inconsce, lasciate anche da vissuti di benessere 5. Dal punto di vista psicoanalitico, è chiaro come tali risonanze rimandino a rappresentazioni e affetti che provengono da meccanismi di autoconservazione e di adattamento, evidenziabili nella relazione transferale-controtransferale in momenti di fluidità psichica. Come nella dinamica associativa di seduta, la riemersione di tali tracce, che “sembrano pescare da patrimoni resilienti” (Gariglio, 2009, “La resilienza”, pp. 24-25), favorisce “l’elaborazione e la ricombinazione” di informazioni memorizzate nella nostra doppia accezione (cfr. 2007 et…) conflittuale/traumatica e di benessere, così, ripensando a contatti di viaggio con vestigia preistoriche (nel Perigord preistorico, nell’Uzbekistan, in alcune grotte …), continua ad apparirmi ragionevole estendere alle società pre-letterate l’ipotesi, a suo tempo presa in esame, di una dinamica legata alla memoria inconscia di un benessere, come legame supplementare con i lontani antenati.

Per questo mi ha fatto ancora piacere condividere la bellezza di tali immagini e confrontarne ulteriori stati d’animo tra qualche fruitore partecipante all’incontro di cui sopra. Debbo dire che, per me, il dibattito sortitone è stato ricco e stimolante, sia per le diverse voci teoriche che si son trovate d’accordo su qualche aspetto comune, sia per certe aperture che, se proseguite, potrebbero rivelarsi fruttifere.

Un compendio dei due lavori 2009 e 2011, al XXIII-XXIV convegno Valcamonica Symposium

Dopo un rimando generale al nostro nuovo modo di intendere la creatività, ipotizzata anche in certa arte preistorica (prima relazione, 2009), in particolare, il periodo preso in esame, nella seconda relazione (2011), era stato ristretto al Paleolitico superiore europeo, dove abbondanti e particolarmente esplicative sono le iconografie inerenti all’argomento. Qui, con la collaborazione dell’archeologo Pietro Rossi, co-autore, erano state raggruppate rappresentazioni grafiche e scultoree, identificando 5 aree tematiche di benessere, confrontate con materiali associativi per attestarne l’omogeneità ipotizzata:

  1. figure femminili (gravettiane e magdaleniane: tra maternità e femminilità),
  2. figure ibride (uomo-animale): l’ibrido come integrazione e potenziamento (cfr. Cavalli Sforza, 2010 e Zappellini, 2009 in Gariglio, Rossi, 2011)6,
  3. relazione appagante tra due o più soggetti, animali e umani (annusamento, avvicinamento, accoppiamento …),
  4. gradevolezza estetica in alcune figure di animali (derivante da “un’attitudine performativa” che sintonizza l’artista con l’ambiente; al proposito, ne scrive Malde Vigneri (2005, p. VII: “Il graffite ha in sé un’attitudine performativa, poggiata su elementi che costituiscono la base comune del vivere degli uomini nel mondo, riprende e riproduce emozioni e rappresentazioni, colte nel loro intimo (…), contiene in nuce intersezioni di piani di coerenze significative, stabilisce corrispondenze tra diversi piani della realtà, tra le immagini descrittive nel loro contesto realistico e quelle relative ad una traduzione arbitraria e soggettiva. Diviene così costituzione di un concreto sistema simbolico figurativo.”),
  5. evidenziazione di una splendida osmosi con l’ambiente (intima adesione dell’opera al supporto roccioso in grotta, tanto che i volumi, sovente, sfruttano aggetti naturali).

Invitando gli interessati alla lettura completa dei due lavori in Psicoanalisi e Scienza, ripercorro qui qualche punto del mio intervento, una sorta di compendio dei due lavori:

  1. Creatività e “tracce di benessere” nell’inconscio: dalla creatività per Freud e la psicoanalisi classica per cui la creazione è un’espressione sintomatica o sublimata di materiali inconsci conflittuali, in particolare desideri e fantasmi rimossi, rappresentazioni e affetti legati a pulsioni aggressive e sessuali proibite, alla linea di Jung, Klein, Winnicott, Bion e certi analisti odierni, per cui la creazione è un’ attività fondamentale, alle ricerche di cui sopra, infine, che hanno integrato queste correnti, apportando loro elementi nuovi tratti dalla nostra caratterialità su cui abbiamo appoggiato una lunga osservazione psicoanalitica che ha fatto emergere l’esistenza di una CREATIVITÀ BENESSERE, osservabile nel campo analitico e nella creatività preistorica attraverso l’identificazione delle sopraccitate cinque aree, che hanno anche cercato di dimostrare la congruità tra parola associativa e immagine in un continuum psicoanalisi-archeologia.
  2. La creatività: 3 osservazioni: 1. Risoluzione di un conflitto psichico che abbina un movimento creatore con l’uscita da uno schema di ripetizione nevrotica. 2. Il conflitto, legato a una perdita o separazione, impedisce l’accesso al vissuto di vuoto (Hillman, in un’intervista sul letto di morte, 29/10/2011, dice: Sto morendo ma non potrei essere più impegnato a vivere…” e racconta di voler “restare pensante, per vivere il vuoto”, che per lui è “la fine dell’ambizione, mentre dialoga con tutti gli elementi della quotidianità…”. Anche Daniel Stern (2010, tr. 2011), riferendosi al “fulcro della relazione terapeutica, costituito da forme vitali in interazione” (p. 125) parla di microanalisi (p.112) dell’hic et nunc per farne emergere le “forme vitali” che hanno “la stessa funzione delle sintonizzazioni affettive (corrispondenze tra forme vitali” (p. 117). Sul finire dell’analisi, secondo la mia esperienza di lavori intensivi, accade, per l’appunto, proprio questo. 3. Il superamento del vissuto di vuoto, non più vuoto d’angoscia ma rigenerante in quanto vibrante di potenzialità, porta al contatto con materiali di vita, latenti (di bassa vibrazione) che vanno nel senso dell’unione, cooperazione, alleanza e riguardano vissuti di appagamento, distensione, equilibrio, relazione, empatia, condivisione, soddisfazione… , ciò che abbiamo chiamato: tracce di vissuti di benessere.
  3. La creatività, modellistica in Gariglio, Lysek, Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi, Collana di psicoanalisi e psichiatria dinamica, a cura di Leonardo Ancona, 2007, Armando: le tracce di benessere sono fonte di una “pulsione creatrice” specifica (cioè non d’essenza aggressivo-sessuale), direttamente legata alla “pulsione di vita”. Insieme, spingono ad assemblare informazioni di natura diversa e ad organizzarle in un insieme originale e coerente, prima nello psichismo, poi nella realtà, in un processo che abbiamo chiamato di “elaborazione ricombinativa”, una sorta di compendio tra tracce di diversa natura in cui variano le proporzioni, a seconda che si vada verso la costruzione di un sintomo, una sublimazione o un benessere.
  4. Il lavoro dell’analista, in un campo transferale-controtransferale che sia portavoce del processo di elaborazione ricombinativa: coglie e riconosce, seguendo la verbalizzazione dell’analizzato che si sta liberamente esprimendo, certa riattualizzazione di entrambe le categorie di tracce: vissuti ontofilogenetici conflittuali-traumatici (classicamente, rimossi) e di benessere (latenti, potenziali). Tali tracce si esprimono in immagini.
  5. Considerazioni metodologiche: esistono diversi modi per verificare la pertinenza di una ricostruzione/interpretazione: basarsi su delle libere associazioni (è il modo più sicuro, ma impossibile per quel che riguarda la preistoria), dare un’interpretazione simbolica (possibile per quel riguarda la preistoria), “appoggiarsi sul proprio rivissuto” (la nostra ipotesi), considerandolo espressione di una risonanza con l’altro (controtransfert) (anche possibile per quel che riguarda la preistoria).
  6. L’inconscio: se ne conoscono solo dei derivati, rappresentazioni e affetti legati a vissuti memorizzati (conflittuali traumatici e, per noi, di benessere) e sono legati al periodo evolutivo del soggetto, alla sua storia familiare e a certi momenti chiave della storia dell’umanità, sin dall’umanizzazione.
  7. Espressione dell’inconscio è l’immagine: richiamandone l’idea di Jung per cui la psiche è fatta di immagini (Libro rosso o Liber Novus dove parola scritta e immagini coesistono, scritto tra il 1915-1930 e pubblicato postumo nel 2009 /2010…), in particolare, la nozione micropsicoanalitica di “Immagine” si riferisce a rappresentazioni e affetti legati a vissuti memorizzati: “[…] l’Immagine filogenetica è un insieme di rappresentazioni ed affetti che organizzano l’inconscio [… e] che danno una forma al destino di una persona e che quindi fanno scorrere lungo le generazioni i traumi familiari (ed etnici), i quali si esprimono in modo diverso, a seconda del periodo storico.” (Peluffo, 1991). Come si è detto sopra, secondo Lysek ed io, l’Immagine ontogenetica e filogenetica, essenza energetica, memorizza anche esperienze non traumatiche e se ne possono vedere esempi fin nell’Arte rupestre. Emmanuel Anati ne scrive, nel 1995 (p. 15): “Ripercorrere a ritroso la storia dell’uomo, riscoprire e analizzare la sua produzione artistica [….] significa anche riscoprire brandelli primordiali d’iconografia e graficità che sono ancora nostri, della nostra attuale cultura, e che reinventiamo perché riscopriamo ogni giorno, perché sono dentro di noi. Quando osserviamo questi segni antichi, essi riemergono dal nostro sommerso. [….] Sono elementi che rivedendo, riscopriamo. La prima reazione è quella di dirsi “queste immagini le ho inventate io… diecimila anni fa.” A proposito della nostra nozione di Immagine vi ho a lungo riflettuto. Scrivendo per Anamorphosis secondo la mia specificità, e accennandone allora in quanto “essenza energetica che rende attuale l’eredità degli antenati” (in Anamorphosis a p. 38, nel paragrafo: “Un ibrido nella stanza d’analisi”, 2011), avevo sottolineato un possibile, o quanto meno esplorabile, legame di questa nozione micropsicoanalitica con l’archetipo junghiano, “radicato nel corpo e che con il corpo mostra molte analogie (p. 67 (…), nei legami ctonii, sotterranei e preistorici, con la terra e il mondo (in Pieri, 1998 pp. 196-7).”. Di qui, riflettendo, in particolare, sulla mia esperienza in Psicodramma analitico freudiano (lemoniano-lacaniano) e, successivamamente, junghiano, precedente alla formazione psicoanalitica individuale in micropsicoanalisi, il legame con il corpo e il movimento si vedono molto bene. Accennavo sopra, come nello studio sulla creatività, avessimo presentato l’Immagine (Gariglio e Lysek, Congresso SIM, 2009 “L’aggressività”, Nizza, 2009), come un insieme in cui ci sono “anche rappresentazioni e affetti di benessere”, che chiamiamo (2007) “vissuti di benessere latenti nell’inconscio”. Al proposito, abbiamo scritto che le tracce di vissuti di benessere coesistono con quelle lasciate dai vissuti conflittuali o traumatici e che tutte queste tracce tendono ad esprimersi. Tuttavia, quelle che hanno maggiore tensione prendono il sopravvento sulle altre, come si constata in ogni analisi di persona portatrice di nevrosi. Questa situazione cambia quando un rimosso importante si disattiva: la tensione inconscia diminuisce e le tracce di esperienze conflittuali o traumatiche, contenute nel rimosso, si distendono. E tale distensione permette ai vissuti di benessere di tornare ad esprimersi come rivissuti, “elaborandosi e ricombinandosi” con residui conflittuali e traumatici.
  8. Salute/salvezza, sacro/salvifico (…) terapiasono termini che, inseriti in questa disamina, rimandano al tema del “benessere riattivabile”: Eldo Stellucci (2014) introduce il bel lavoro su “Carl-Gustav-Jung-E-Lo-Sciamanismo” con un excursus di carattere filologico e semantico di cui raggruppo qualcosa: “«Salute» e «salvezza» sono termini (…) nati da uno stesso concetto, condividendo a lungo la stessa sorte e lo stesso significato globale originario, che venne a scindersi storicamente e culturalmente solo molto più tardi. Si tratta del significato sanscrito di “svastha” (benessere, pienezza) che poi ha assunto la forma semantica del nordico “heill” e più recentemente di “heil”, “whole”, “hall” nelle lingue anglosassoni, che indicano «integrità» e «pienezza». Lo stesso accade per il termine “soteria” nella lingua greca, dove appunto il dio greco della medicina, Asclepio, appare come “soter”, «colui che guarisce» e che è nello stesso tempo il «salvatore». Nella lingua latina è emblematico il significato di “salus”, termine che ancora oggi incorpora sia il significato di «salute» sia quello di «salvezza». Ma occorre ricordare che anche in altre lingue è avvenuta la stessa combinazione.” Ad esempio, scrive Stellucci, “il termine ebraico “shalom” (pace, benessere, prosperità) e la formula dell’antico egiziano “snb” (…) indica pure benessere fisico, vita, salute, integrità fisica e spirituale. Tutti questi termini esprimono in definitiva la salvezza come «integrità dell’esistenza», come «totalità di situazioni positive» (…). Da questo punto di vista era infatti impossibile distinguere nel pensiero antico tra salvezza e felicità (…). L’aspetto teologico (…) era inseparabile dall’aspetto antropologico (…). Il passaggio significativo si sarebbe avuto quando le lingue germaniche tradussero “spenta” con “heilwirkend” (ciò che produce benessere), utilizzando una radice del termine che significa «intero, solido, intatto». Fu facile il passaggio a contesti più vicini a «forte», «in salute» e «di buon auspicio». Possiamo ancora risalire al gotico “Hails” che significava «sano», mentre l’antico islandese e l’alto tedesco “Heil” e il runico “heilag” significano rispettivamente «di buon auspicio» e «di buona fortuna. …».” Tale contributo etimologico, avevo scritto, (cfr. nota 1 Gariglio, 2014, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/creativita-come-benessere-psicobiologico-formazione-psicoanalitica/5930/), “mi sintonizza e avvalora ulteriormente certe risultanze di lavoro micropsicoanalitico, dal mettersi in moto del processo di ‘elaborazione ricombinativa’ ”.
  9. Creatività benessere e uomo preistorico: tracce di esperienze di benessere maggioritarie nella ricombinazione. La creatività benessere va nel senso dell’autoconservazione e dell’adattamento ponendosi a servizio della vita, perché si svolge in un clima di equilibrio e armonia, tessendo interazioni armoniose. Per l’uomo preistorico doveva essere vitale adattarsi ad una natura ostile, quindi, si doveva necessariamente essere creativi. Ne consegue, per noi, che la creatività benessere dovesse già esistere per servire allo scopo della sopravvivenza.
  10. Tentativi d’interpretazione di certa arte paleolitica: partiamo dal nostro soggettivo vissuto di benessere nel vedere certe pitture rupestri; se tale visione ci infonde appagamento e serenità forse è perché si attivano in noi gli stessi vissuti della persona che ha dipinto. Di qui, la nostra ipotesi: queste produzioni potrebbero contenere una traccia di benessere che l’esecutore della pittura ci trasmette.
  11. L’attività creativa nella preistoria: un’espressione di tracce di benessere? E rimando alla visione delle 6 immagini in https://www.psicoanalisi.it/etnopsicoanalisi/lattivita-creativa-preistoria-unespressione-tracce-benessere/6173/. Le immagini, cui abbiamo dato un titolo consono con l’argomento trattato, erano state prese da pubblicazioni di Emmanuel Anati (1995/2000): Esuberanza vitale, che integra il piacere della bellezza con la comprensione del significato dell’immagine (dibattito, Hillman/Jung), Bellezza ed energia, Dialogo in armonia, Vita quotidiana in equilibrio e in abbondanza, Benessere nell’erotismo, Les Demoiselles d’Avignon e i bisonti (“come originale racconto della possibilità di coesistenza (il bisonte, tra le fanciulle!) tra sessualità e aggressività quando quest’ultima abbia perso le sue spinte distruttive. Coesistenza da cui può mettersi in moto un’attività di creazione…).
  12. La rappresentazione del benessere in un continuum immagine-linguaggio (catene associative in analisi. Congruità (coerenza, corrispondenza) di rappresentazione tra dinamiche associative (linguaggio verbale) e immagini paleolitiche di reperti mobiliari e parietali.
  13. La creatività benessere applicata alla creatività preistorica attraverso le cinque aree considerate: Area 1: gravettiane e magdaleniane: tra maternità e femminilità, Area 2: “L’ibrido come integrazione e potenziamento”, Area 3: Relazione appagante tra due o più soggetti, animali e umani, Area 4: Gradevolezza estetica di alcune figure di animali, Area 5: Osmosi con l’ambiente. E rimando, anche qui alle bellissime immagini a colori, in Psicoanalisi e Scienza: https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/arte-comunicazione-e-benessere/3436/. Ciascuna area è accompagnata da materiale associativo di seduta, che ci è apparso congruo con le immagini presentate.
  14. Soffermandomi soltanto sulla seconda e quinta area. Per la seconda area: L’ibrido come integrazione e potenziamento, evidenzio il pensiero di Luigi Cavalli Sforza (2010, p. 46) che parla di “vigore degli ibridi (già noto ai tempi di Darwin): individui prodotti fra popolazioni diverse della stessa specie, che hanno generalmente vitalità aumentata e miglioramento di molti caratteri. (…) Gli ibridi mettono insieme i genomi di due individui in ambienti differenti per clima e per molti altri motivi, e hanno quindi maggiore ricchezza genetica delle cosiddette ‘razze pure’ (…) perché la loro diversità genetica è più grande, il che significa che, in un certo senso, sono pronti a fare più cose, ad affrontare situazioni più disparate ”. Rimando anche ad un precedente lavoro a due voci: “L’Ibrido: una collaborazione psicoanalitico-archeologica, alla ricerca di approdi comuni” (Gariglio, Rossi, 2011, pp. 35-69 ). L’ibrido, osservato nel lavoro analitico, va nel senso della creatività benessere; ne avevo scritto (Gariglio, p. 53): “(…)usciti dalla fissazione conflittuale ed elaboratane la perdita, la traccia universale dell’ibrido si rimaterializza nel sogno e, quindi, nella dinamica associativa, come nuovo percorso, psichico e reale in cui l’integrazione di parti diverse potrà essere sentita un’ulteriore opportunità di arricchimento, fonte di benessere. L’ibrido, considerato in archeologia, ci parla dell’“Aderenza ad uno stesso modello interno (…). Una sorta di ‘trasmissione geneticache rende le radici dell’essere umano universali (Rossi, 2011, p. 67). In una sintesi psicoanalisi-archeologia,“(…) L’ibrido come adattabilità è in linea con i movimenti di trasformazione-integrazione, post-conflittuali. Ciò porta, alla fine, ad un potenziamento energetico e di possibilità (Gariglio, Rossi, op cit. p. 68). Per l’area 5, Osmosi con l’ambiente: a partire dalle nostre osservazioni psicoanalitiche e attraverso la risonanza tra il nostro psichismo e l’espressione artistica preistorica, ipotizzando nei materiali preistorici la presenza di tracce di benessere ricombinate, abbiamo cercato di fornire una chiave di lettura supplementare delle pitture rupestri, basata sulla possibile presenza di una memoria inconscia e universale del benessere.
  15. Un solo esempio, tratto dall’area 5: osmosi con l’ambiente, di congruità linguaggio verbale associativo-immagine: “(…) L’analizzata porta in seduta un nuovo materiale di scrittura (…). Associando, durante la lettura di qualche pagina del suo scritto, la persona scopre di star relazionandosi con l’immagine della natura, in modo spontaneo e, scopre anzi, con l’avanzare del racconto, che sta proprio “appoggiando” la trama della storia alle manifestazioni della natura che l’attornia. La persona che abita, per l’appunto, in campagna, vive immersa, da molti anni, nell’avvicendamento delle stagioni: “Mi è venuto naturale, dice, dare la voce alla natura che ho sempre visto morire e rinascere e non mi rendevo conto di quanto mi ci fossi, quotidianamente, fatta aiutare.”. Controtransferalmente, all’analista viene in mente che, durante l’analisi, la persona aveva già introdotto, in un flash, questa sfaccettatura di osmosi con una natura sentita amica: “dalla finestra della sua camera di bambina, l’analizzata vedeva un grosso albero che disegnava continuamente, come conforto a periodi di grande angoscia”. L’analista si ricorda di averne inconsciamente già colto l’importanza, in una poesia (…), scritta silenziosamente e dedicata all’analizzata. La poesia, cogliendo l’identificazione della persona con la ‘crescita spontanea di rami’ che “da lor stessi nascean”, conteneva in nuce l’idea che la persona in analisi si fosse già ‘salvata la vita’, pescando dall’esperienza dell’ambiente i suoi adattamenti interni di benessere, proprio per la capacità inconscia di ‘appoggiarsi’ sull’immagine di quel grosso tronco, fonte di creazione (esempio di riattualizzazione transferale-controtransferale). Quindi, una volta che i conflitti più disturbanti siano stati disattivati, distendendosene il rimosso, al di là delle “tracce legate alla morte” (Roux, 2005, p. 41, in Zappellini, 2009), la traccia di benessere può diventare maggiormente protagonista, così come, nella nostra ipotesi, lo era già, naturalmente, nella preistoria, quando le rocce venivano incise lasciandovi registrata la vibrazione di un benessere che aveva spinto il nostro antenato a compiere questo atto di distensione e piacere. Una traccia che oggi recepiamo in una dinamica di tipo controtransferale, avendo in noi, probabilmente, lo stesso desiderio inconscio dei nostri antenati. (…). In conclusione, sembrerebbe che quel certo benessere che si continua a provare, osservando qualche reperto preistorico che va nel senso da noi descritto, possa essere una traccia eterna e universale, legata ad esperienze di benessere che ci accomunano”.

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Note

1 Invitata a collaborare con il Gruppo di questa Rivista edita Ananke, negli anni 2009-2015 (N.7-13), ho portato via via riflessioni sullo studio della “creatività benessere”, a lungo osservata nelle sedute lunghe di micropsicoanalisi (cf. modellistica Gariglio, Lysek, 2007 Armando, https://www.psicoanalisi.it/libri/creativita-benessere-movimenti-creativi-in-analisi-di-daniela-gariglio-e-daniel-lysek/3605/ ).

2 Cf. Gariglio, 2022, “Dal vuoto d’angoscia al vuoto creatore e tentativi rigeneranti”, Convegno IIM, Angoscia e speranza. Atti in fieri, a cura di Luigi Baldari, Alpes ( https://www.micropsicoanalisi.it/xxiii-edizione-delle-giornate-siciliane-di-formazione-micropsicoanalitica/).

4 In micropsicoanalisi, l’Immagine (scritta con la I maiuscola in quanto condensato di sfaccettature) è un insieme geneticamente organizzato di rappresentazioni ed affetti che strutturano l’inconscio e l’aspetto energetico è ereditario. Rimando gli eventuali interessati al lavoro di Manuela Tartari (2013, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/nicola-peluffo-dallimmagine-al-personaggio/3157/) e all’articolo di Daniela Marenco (2006, http://www.micropsicoanalisi.it/limmagine-filogenetica-unipotesi-micropsicoanaliticatrasmissione-transgenerazionale), sull’immagine filogenetica, facilmente scaricabili.

6 “L’Ibrido: una collaborazione psicoanalitico-archeologica, alla ricerca di approdi comuni” (Gariglio, pp. 35-55, Rossi, pp. 56-67, G.R , pp. 68-69), in Scategni W. e Cavalitto S., a cura di, Anno 9 n. 9 Anamorphosis. Torino: Ananke, 2011, pp. 35-69.