Introduzione all’antropologia concettuale

Edizioni Atelier, in uscita ora:

Anati, E. 2024

INTRODUZIONE ALL’ANTROPOLOGIA CONCETTUALE

Con un contributo di Luigi Baldari
Saggi XVII
Capo di Ponte (Atelier), 91 pp. 14 figg. € 25


Di fronte ad orientamenti tesi all’estrema specializzazione che riduce i ricercatori in tecnici, l’antropologia concettuale va contro corrente. Incoraggia l’acquisizione di una vasta cultura umanistica, diretta alla comprensione del comportamento umano tramite le sue manifestazioni. Concepita per lo studio delle società preistoriche e tribali, l’antropologia concettuale si apre a nuovi settori, fenomeni sociali e politici di società tribali, del mondo agricolo e di quello urbano, dalla preistoria ad oggi.


Sommario

  • Premessa
  • Un test per il metodo
  • Il reperto, l’uomo e lo spirito della cultura
  • L’idea di antropologia concettuale
  • Tra storia e preistoria
  • Come nasce l’antropologia concettuale
  • Le prospettive della nuova disciplina
  • Le ricerche in corso
  • I temi delle ricerche
  • Strumenti didattici
  • Prospettive
  • Appendice. Relazione tra antropologia e psicologia e il suo apporto
  • Pubblicazioni di antropologia concettuale
  • Indice per argomenti

 

Per ordini e informazioni: atelier.etno@gmail.com
Atelier
Centro di Ricerca per lAntropologia Concettuale
Via G. Marconi 7 – Città della Cultura, 25044 Capo di Ponte (BS) Italia
www.atelier-etno.it

 

RELAZIONE TRA ANTROPOLOGIA E PSICOLOGIA E IL SUO APPORTO

Luigi Baldari[1]

La psicologia ha cominciato a interessarsi all’antropologia ai primi del novecento con Wilhelm Maximilian Wundt, autore di un libro sulla psicologia dei popoli.[2]

Successivamente, l’incontro delle discipline psicologiche con quelle antropologiche ha percorso  alcune direzioni che Umberto Galimberti schematicamente individua: la psicoanalisi di Sigmund Freud e il mito dell’orda primitiva, la psicologia analitica di Carl Gustav Jung e le rappresentazioni collettive di Lucien Levy-Bruhl, lo strutturalismo di Claude Levi-Strauss e la rilettura analitica di Jacques Lacan, gli studi sul rapporto tra cultura e personalità individuale, l’etnopsicologia, l’etnopsicoanalisi, l’etnopsichiatria.[3]

Da menzionare inoltre altre discipline: la fenomenologia del sacro di Mircea Eliade e Karol Kerenyi, la linguistica generativa di Noam Chomsky, l’indagine genetica di Luigi Cavalli Sforza e Edward Evan Evans-Pritchard, la micropsicoanalisi di Silvio Fanti.[4]

Come è noto, l’incontro tra psicoanalisi e antropologia è iniziato con il Freud di Totem e tabù[5]; è poi continuato, con alti e bassi, favorendo proficui ampliamenti dei rispettivi campi di analisi e di ricerca e, allo stesso tempo, fornendo motivi di fraintendimento.[6]

Dal canto suo, Freud ha esteso le sue ricerche dallo psicologico al sociale, con un passaggio dal biologico, alla base della sua teoria, al culturale.[7]  

Sia Freud che Jung tendono a rintracciare nei modelli mentali e comportamentali dei primitivi le linee di fondo o gli archetipi[8] che sono alla base della costituzione psichica dell’uomo.

Questa “vocazione archeologica” accomuna anche Emmanuel Anati e Nicola Peluffo.[9]

L’interesse di Peluffo per l’antropologia e l’arte preistorica è iniziato nei primi anni ‘50 del secolo scorso, con lo studio, durante la formazione universitaria, di varie materie delle scienze umane, specialmente antropologia, folklore, etnografia e psicologia, e la passione per la preistoria; dieci anni prima delle esperienze psicologiche, psicoanalitiche e micropsicoanalitiche e i successivi insegnamenti di Psicologia sociale e di Psicologia dinamica all’Università di Torino.

Negli anni 60 del novecento, studiando il libro di Clarence Bicknell sulle incisioni preistoriche del monte Bego, nella Valle delle Meraviglie, Peluffo si soffermava principalmente su quelle incisioni che potevano avere riferimenti numerici, specialmente su quella intitolata “la scala delle meraviglie”, di cui diede un’interpretazione aritmetica, pubblicata da Anati sul Bollettino del Centro Camuno di studi preistorici, “un avvenimento – ricorda Peluffo – che diede inizio all’interazione tra psicoanalisi e poi micropsicoanalisi e scienze preistoriche”.

Peluffo fa risalire l’interesse personale per la micropsicoanalisi e il suo rapporto con l’arte preistorica a vissuti infantili. Il suo punto di vista implica l’idea dell’omogeneità tra pensiero individuale e pensieri e attività collettive, le incisioni preistoriche e l’arte in generale. “Il Bimbo – scrive – esprime i suoi sentimenti e affetti specialmente col disegno, come l’uomo preistorico; la scrittura viene molto più tardi. Il fatto che le incisioni preistoriche siano costruite tramite delle rappresentazioni iconiche simili a quelle che danno una percepibilità pseudo visiva ai sogni è noto a tutti coloro che si interessano

dell’argomento e, d’altra parte, anche le raffigurazioni preistoriche devono essere interpretate.”[10]

Rispetto alle spiegazioni psicologiche riguardanti la formazione delle costanti rappresentative dell’espressività umana, Peluffo propone una sintesi della corrente psicoanalitica e di quella cognitiva.[11]

Le sue riflessioni riguardano la nascita del pensiero a partire dall’energia psicobiologica che è alla base della costituzione dell’essere umano. Questa si trasforma in movimento, e quindi in impulso o pulsione. Per eliminare la tensione, la quantità di movimento deve essere liberata e scaricata su un oggetto. Se non incontra intralci, la scarica è immediata e segue vie predeterminate filogeneticamente, basate sull’istinto. Quando invece tali possibilità di scarica non siano possibili, il destino e l’oggetto della pulsione cambiano. Le tracce motorie saranno interiorizzate e si formeranno i pensieri.

L’apprendimento dei concetti è il risultato di un processo di astrazione, che conduce alla formazione delle idee. La capacità di astrazione è esclusivamente umana e presuppone il conseguimento di un certo stadio di sviluppo.

“È molto probabile – sostiene – che prima che fosse scoperto un codice alfabetico che permettesse di esprimere il pensiero astratto, l’essere umano utilizzasse in maniera prevalente la motricità e la sensorialità per soddisfare i suoi impulsi. Se le rappresentazioni e gli affetti sono gli elementi costitutivi dello psichismo umano, la motricità e la sensorialità ne rappresentano la matrice energetico-pulsionale.”

Piaget e Freud, come è noto, sono i padri della psicologia cognitiva e della psicoanalisi. Entrambi avevano postulato che nulla all’interno dello psichismo umano possa esistere se non come trasformazione di esperienze precedenti che si sono formate in quanto tracce di movimenti compiuti in età precoce. Per entrambi tutta la costruzione dei processi di pensiero, delle funzioni logiche e della percezione della realtà-ambiente si dipana a partire da un nucleo complessuale di esperienze precocissime, che a loro volta si innestano e si integrano con le informazioni provenienti dalla costituzione ereditaria. Le tracce lasciate da tali esperienze non possono essere di natura mnemonica, in quanto si producono ben prima che una qualsiasi rudimentale memoria si attivi, ma vengono conservate all’interno della psico-motricità, in quanto esperienze di movimenti o di azioni compiute.

Per noi micropsicoanalisti queste predisposizioni ereditate, questi moduli d’azione, si mantengono attraverso una struttura che definiamo Immagine che è l’insieme delle rappresentazioni e degli affetti provenienti dall’es che strutturano l’inconscio, per mezzo dell’attività onirica, che le riprogramma.

Tale ipotesi è in buona parte confermata dagli studi di onirologia molecolare di Michel  Jouvet, il quale sostiene che il sogno preceda la specializzazione della funzione linguistica.[12]

Si può quindi formulare l’ipotesi che il linguaggio umano costituisca in effetti un meccanismo difensivo volto alla trasformazione della ritualità filogenetica animale in uno spazio di varianti intra-sinaptiche, che successivamente saranno utilizzate per l’elaborazione di segni e simbologie. Durante il processo onirico, si strutturano sequenze di immagini prevalentemente visive, che cercano una propria raffigurabilità durante la vita di veglia. A partire da queste particolari ed universali icone oniriche, si costituisce il Sacro, con le sue diramazioni di credenze rituali, magiche e superstiziose e di specifiche cerimonie propiziatorie; poi la Religiosità, con la formazione dei primi dei o dee, forgiati ad immagine e somiglianza con i propri sogni; quindi la Legge clanica, con l’insieme

tabuico di regole, divieti e punizioni, ed infine l’Identità, con la certezza inalienabile di appartenenza a una determinata sequenza onirica e a nessun’altra.[13]

È probabile che i primi segni grafici avessero lo scopo di segnale, un indicatore della presa di possesso da parte di un determinato gruppo di un territorio di caccia. Attraverso un processo conoscitivo dovuto ad assimilazioni ed accomodamenti successivi, il segnale avrebbe acquistato le caratteristiche di simbolo. In termini psicoanalitici, il risultato di proiezioni e identificazioni successive. Questi tentativi progressivi di conoscenza avrebbero condotto all’individuazione e alla definizione di sè.[14]

È verosimile altresì che la pittografia abbia svolto la funzione generatrice di aiutare l’uomo primitivo nella costruzione di una realtà sulla base di rappresentazioni psichiche coscienti e riprodotte simbolicamente nelle pitture rupestri; uno strumento rappresentazionale affettivo per transitare dal passato al presente e poi al futuro attraverso un contenimento dell’angoscia e che fissa i processi ripetitivi primitivi in un processo evolutivo.[15]

Diventa quindi lecito interrogarsi su possibili risonanze profonde tra l’uomo preistorico e quello attuale. Dal punto di vista analitico, tali risonanze rimandano a rappresentazioni e affetti che provengono da meccanismi di autoconservazione e di adattamento. Certi elementi della vita quotidiana, espressioni sia preistoriche che contemporanee, potrebbero esprimere tracce inconsce, lasciate da vissuti di benessere. Queste tracce possono riattivarsi in momenti di fluidità psichica favorendo l’elaborazione e la ricombinazione delle informazioni memorizzate nella psiche. Ciò creerebbe un legame supplementare con i nostri lontani antenati.[16]

[1] Psichiatra, psicoanalista, direttore dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi.  

[2] W.M. WUNDT, Elementi di psicologia dei popoli. Linee fondamentali della storia dell’evoluzione psicologica dell’umanità (1900-1920), in Scritti scelti, Utet, Torino, 2006.

[3] U. GALIMBERTI, Nuovo Dizionario di Psicologia, Feltrinelli, Milano, 2018.

[4] U. SANSONI – P.L. BOLMIDA, Una sola specie, un’unica lingua delle origini, la stessa

latenza all’arte, PAPERS XXIV Valcamonica Symposium 2011, Capo di Ponte, https://www.ccsp.it/web/INFOCCSP/VCS%20storico/vcs2011pdf/bolmida%20&%20sansoni.pdf

[5] S. FREUD, Totem e Tabù (1912-13), in Opere, vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino.

[6] A. LOMBARDOZZI (2008), Nuovi territori di confronto tra psicoanalisi e antropologia, https://www.spiweb.it/cultura-e-societa/cultura/antropologia/nuovi-territori-di-confronto-tra-psicoanalisi-e-antropologia/

[7] S. FREUD, Totem e Tabù (1912-13), in Opere, cit., vol. 3.

  • Psicologia della masse e analisi dell’Io (1921), in Opere, cit., vol. 9.
  • L’avvenire di un’illusione (1927), in Opere, cit., vol. 10.
  • Il disagio della civiltà (1929), in Opere, cit., vol. 10.
  • L’uomo Mosè e la religione monoteista (1934-38), in Opere, cit., vol. 11.

[8] C.G. JUNG, Gli archetipi dell’inconscio collettivo (1934-54), in Opere, vol. 9, Bollati Boringhieri, Torino.

[9] E. ANATI, Incontro tra antropologia e psicoanalisi. Conferenze tenute ai convegni di micropsicoanalisi 2000-2020, Atelier, Capo di Ponte, 2021.

[10] N. PELUFFO, Relazioni tra significato e forma, PAPERS XXIV Valcamonica Symposium 2011, Capo di Ponte, https://www.ccsp.it/web/INFOCCSP/VCS%20storico/vcs2011pdf/peluffo.pdf

[11]             –               Riflessioni sulle costanti rappresentazionali-affettive dell’espressività umana. Relazione al Convegno CCSP 2003 Origini del popolamento e cultura dell’homo sapiens, Edizioni del Centro, Capo di Ponte.

[12] M. JOUVET, La storia del sogno, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, n° 4, Diffusioni grafiche, Villanova Monferrato, 1987.

[13] U. SANSONI – P.L. BOLMIDA, op. cit.

[14] D. MARENCO, Costruzione del simbolo e costruzione del sé: il bisogno di rappresentare, PAPERS XXII Valcamonica Symposium 2007, Darfo Boario Terme, https://www.ccsp.it/web/INFOCCSP/VCS%20storico/vcs2007pdf/marenco.pdf

[15] A. ZAIA, Il legame tra la vita e l’azione: la rappresentazione del movimento nei processi evolutivi dell’uomo primitivo, PAPERS XXII Valcamonica Symposium 2007, Darfo Boario Terme, https://www.ccsp.it/web/INFOCCSP/VCS%20storico/vcs2007pdf/zaia.pdf

[16] D. GARIGLIO – D. LYSEK – P. ROSSI, Arte, comunicazione e benessere, PAPERS XXIII Valcamonica Symposium 2011,  https://www.ccsp.it/web/INFOCCSP/VCS%20storico/vcs2011pdf/gariglio.pdf