Passività e sblocco sinergico: dal caso clinico del giovane Andrea

Daniela Gariglio, CONSIDERAZIONI PRELIMINARI E QUALCHE ALTRO ASPETTO su:

Passività e sblocco sinergico: dal caso clinico del giovane Andrea”, 18 febbraio 2024, Convegno online organizzato con OPIFER A.P.S. e Associazione A.R.I.R.I., Bari e Istituto Italiano di Micropsicoanalisi. IDENTITÀ SESSUALMENTE CONNOTATA: Confronti, Modelli e Paradigmi interpretativi, in Psicoanalisi, Cura e Formazione

“(…) L’elemento maschile si muove verso quello femminile che aspetta pacifico…”

Nicola Peluffo ,“Appunti sul pensiero creativo”, 2017

https://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/appunti-sul-pensiero-creativo/7342/

 

 

Considerazioni preliminari

Condivido alcune considerazioni preliminari in merito all’ultimo mio Intervento portato al Convegno Opifer (2024), in questo nostro sito IIM dove sto lasciando riflessionii teorico-didattiche con evidenze cliniche che, dopo un lungo specifico studio, hanno portato ad adattamenti micropsicoanalitici, inseriti nel lavoro di seduta. E richiamo lo studio sulla creativitàii su cui ho molto scritto e di cui tengo conto, per quanto mi riguarda, fin dai primi colloqui come vedremo nel caso presentato, ovviamente, insieme agli aspetti conflittuali/traumatici che verranno disattivati nel corso del lavoro psicoanalitico. Disattivati, quindi alleggeriti del peso di un protagonismo senza via di scampo…

Considerare il peso del potenziale creativo, presente nelle persone che ci si rivolgono, consente di considerare fin da subito l’intera realtà onto-filogenetica della persona, inserita a sua volta nella realtà effettiva. E, oggi, la psicoanalisi in generale si trova sempre più ingaggiata a tener conto delle esigenze reali proprie della contemporaneità, cercando di tenerle presenti anche nel lavoro clinico. D’altra parte, il prestare orecchio a variabili della realtà, navigando controtransferalmente nelle difese, è diventato un preciso e odierno oggetto di studio, che sta interessando gli psicoanalisti, in generale. E cito solo la “psicoanalisi implicata” (di J. Lacan, Seminario VII 1959-1960) che Cosimo Schinaia (2020, Introd. p. XVI) fa conversare “con differenti linguaggi culturali e scientifici”, partendo dal “rapporto di Freud con l’ambiente” (Ibid., cap. 2, pp. 29-42, con lettere, fotografie di Freud, antecedenti al 1929, Il disagio della Civiltà), nel tentativo di arginare la frammentazione psicopatologica dell’individuo (Cfr. anche Malidelis, 2019 che interroga Schinaia sul “legame uomo-ambiente) e quel nostro comune “dialogo con l’alterità che incontriamo in noi stessi e nel mondo esterno” di Giovanni Stanghellini (2017, p. 11). Rimando anche a due miei specifici lavori che, sempre tenendo conto, anche, degli aspetti legati alla creatività, hanno riflettuto insieme a una cinquantina di Autori sull’esperienza Covid (a cura di Luciano Peirone 2020, https://www.micropsicoanalisi.it/nuovo-coronavirus-e-resilienza/ ) e al nostro splendido Convegno, sul rapporto con la natura (XII Edizione Giornate di Formazione Micropsicoanalitica Psiche e Natura. Soggetto e Ambiente, 2021,  https://vimeo.com/556177512 ), con illuminanti interventi multidisciplinari.

 

Compendio didattico, Passività e sblocco sinergico: dal caso clinico del giovane Andrea

Anzitutto, con questo contributo al Convegno ho tentato di focalizzare il discorso su ciò che, secondo il mio pensiero, può aspettarsi chiunque si rivolga ad uno psicoanalista, nel nostro caso, micropsicoanalista, con relative modalità di intervento, classiche e contemporanee. Certamente, non diagnosi preconfezionate, anche se presenti e indagate nella contemporaneità che ne sta facendo oggetto di ricerca ma, come sempre accade, semplicemente ciò che, evidenziatosi seduta dopo seduta, nella dinamica transferale/controtransferale, verrà anche consapevolizzato nella situazione analitica in cui si incontrano desideri contemporanei (Cfr. Peluffo 2006). Desideri che, riconosciuti dall’analista, possano porsi come immagini comuni, secondo il mio modo personale di muovermi nell’area micropsicoanalitica di cui sono, qui, portavoce, insieme al collega Luigi Baldari, Direttore del nostro Istituto.

Secondariamente, questo porta a considerare la soggettività, da sempre protagonista nella psicoanalisi, riconsiderandola ulteriormente nella sua importanza. Dall’unicità di ogni relazione (persino quella dei genitori con i singoli figli) può allora riconsiderarsi il permanere dell’interesse psicoanalitico per la soggettività che, comportando l’acquisizione della capacità di adattamento, clinicamente parlando, può portare a modificare anche in corso di trattamento, e qui parlo da parte dell’analista, il modus operandi classico. Al di là di ogni Edipo, mi vien da dirne, ma ben al di là dell’aspetto obbligato che dà inizio a questo movimento, con la “paura di sfidare il Maestro”, come ne dice Luis Alberto Hara, ripercorrendo l’opera di Erich Fromm, paladino di quell’ “autoconoscenza che va da Socrate a Sigmund Freud”, per cui solo conoscendo se stessi “si raggiunge un importante grado di autonomia […] senza dipendere dagli altri, senza sfruttare gli altri, senza aspettarsi nulla da nessuno…”. Al di là delle sfide, completando l’accenno alla soggettività, si tratta allora di evidenziare come questa rimandi invece all’elaborazione delle immagini onto-filogenetiche delle singole strutture di personalità. Elaborazioni che, nel caso dell’analista, poggiano su tematiche onto- filogenetiche con attenzione a quelle iniziatiche (traumi di gravidanza e relativi imprinting di vita), indagate e rivoltate, nel corso di innumerevoli anni di Formazione e relativo Lavoro clinico su cui continuerà ad imperniarsi il vissuto controtransferale, come rivissuto che, di volta in volta, incontra quello transferale della persona in analisi. Questo, per la scrivente, vale per ogni periodo storico (da Freud ai giorni nostri), con i suoi temi distruttivi, ma anche vitali e creativi, appesantiti o alleggeriti dalle risonanze, malefiche e benefiche del passato. Ne scrivo da tempo. Ciò che sempre conta, sintetizzando, è che l’analizzando, sentendosi infine riconosciuto, si senta da ultimo capito e, di qui, accompagnato senza critica, censura, valutazione alcuna, come ho cercato di esemplificare anche nel presente caso clinico. Questo il mio pensieroiii, ulteriormente messo a fuoco, partecipando a questo interessante Convegno Opifer, al solito, sapientemente punteggiato, relazione dopo relazione, dalla sua Presidente, Luciana La Stella.

 

Relazione letta al Convegno e qualche riflessione successiva

Invitata da Luciana La Stella, a partecipare all’attuale oggetto di studio Opifer, anche portandone un caso clinico, ho pensato di condividere un recente trattamento di una subentrata passività maschile, trasformatasi in capacità sinergicaiv , in un giovane che ho chiamato Andrea.

Procederò, puntualizzando aspetti insoliti di tecnica, inseritisi naturalmente nello svolgersi del lavoro analitico. Parto da quanto comunemente suggerisco ai giovani in terapia, di contribuire cioè, in qualche misura, a gestirsi il proprio trattamento così che, in caso di accettazione, diventi fin da subito una scelta personale di incontrare se stessi in un lavoro apposito. Nel caso di Andrea, in più, gli ho trasmesso la doppia possibilità: gradualità nell’obtemperare all’impegno preso, in un tempo non definito a priori da me, con l’invito a riflettervi, durante il procedere delle sedute, fino a che non gli si fosse presentata spontaneamente la risposta. Tutto demandato, quindi, alla sua scelta per quel che ne avrebbe riguardato l’assunzione di responsabilità.

 

Ancor più nello specifico

Parlo ora della mia accettazione, come ipotesi di tentativo nuovo, di variare un programma già in atto come Intervento preliminare micropsicoanalitico di sedute lunghe ravvicinate che, da noi, viene solitamente stabilito dopo il colloquio iniziale. Per me, qui, la variazione, a un certo punto, ha riguardato tempo e intervallo di seduta. Sto con ciò condividendo anche una mia spontanea reazione controtransferale esente da critica superegoica, che ha portato ad un cambiamento nella prassi analiticav. Ciò riguarda l’accettazione naturale di quella soggettivitàvi, destinata a diventare protagonista, anche emozionale, quindi, creatrice/creativa, nella relazione.

Ora, riflettendovi a distanza, potrei dire come, inconsciamente, avessi da subito identificato un contatto diretto con la situazione di passività, trattandola, micropsicoanaliticamente parlando, come immagine con cui interloquire, secondo quanto sovente ne scrivo. Teoricamente detto, il naturale procedere del lavoro associativo, come sempre succede, avrebbe alla fine evidenziato qualche verità collegata alla situazione amplificata associativamente, come, ad esempio, se lo stato depressivo avesse potuto essersi ri-ancorato ad un aspetto di omosessualità latente, anche solo come residuo di fissazione pregenitale tipico della struttura ossessiva (Cfr. Gariglio, 2016-2023), con tendenza, alla passività. Oppure se si sarebbe ulteriormente consapevolizzato qualcosa di già ben strutturato o l’individuazione di qualsiasi altra verità come ben ci ragguaglia Freud (1935 Cfr. biografia freudiana redatta da Ernest Jones, 1953, Vita e opere di Sigmund Freud, Il Saggiatore, Milano, 1995, vol. 3. p. 236), rispondendo ad una madre che, disperata, chiedeva consigli e lumi sull’omosessualità del figlio: Cara Signora, […]. Ciò che può fare l’analisi per Suo figlio, […] se è infelice, nevrotico, lacerato da conflitti, inibito alla vita sociale, l’analisi può portargli l’armonia, la tranquillità psichica, una piena efficienza sia che rimanga omosessuale o che cambi […]. Non si può prevedere l’esito della cura”.

Amplificando questo accenno al Maestro, va infatti da sé che, nel corso del lavoro psicoanalitico, tutta la relazione transferale-controtransferale, nutritasi inconsciamente dell’incontro di desideri contemporanei (Peluffo 2006), diventi semplicemente un naturale compagno di viaggio dell’iter associativo che si snocciola, una seduta dopo l’altra, nel farsi della stessa relazione. Didatticamente parlando, questo viaggio comune in tutta neutralità, va anche inteso come possibilità di evidenziare l’incanalarsi dell’energia vincolata in qualche aspetto più vitale, mano a mano che si libera dalle fissazioni conflittuali e traumatiche, diabolicamente luciferine come ne diceva Davide Lopezvii. Una possibilità quindi verso le potenzialità di quel benessere, anch’esso registrato nello psichismo che, una volta slatentizzato, può diventare protagonista attivo di alleanza terapeutica riuscita, in breve, fungere allora da transfert positivo. Tenendo presente che, riferendoci a qualche possibile residuo di fissazione pregenitale con la sua ambivalenza, l’analisi incontra sempre l’oscillazione di opposte spinte e relativi tentativi di integrazione, diciamo, qui, tra penetrazione e accoglienzaviii. Come nel sogno libero da censure, di una donna, in un’analisi avanzata con transfert ormai positivo. Disattivatisi vissuti a impronta persecutoria, di risonanza traumatica anche filogenetica, sogna: Con un’operazione mi toglievano il pene. Questo sogno completa un reale decremento, in atto, di certa smania a “penetrare” sempre e comunque, riprendendo contatto invece con la propria femminilità di ricevente, infine accogliente. Di qui, una nuova associazione nel senso della sinergia, (nozione che sto portando anche in quest’intervento) che, messa a fuoco nella relazione analitica, può spostarsi nella vita di realtà: Ora, desidero non tanto essere ancora accompagnata ma condividere insieme l’esperienza in corso.

 

L’incontro con Andrea e Vignetta clinica

Ciò detto, presento il giovane (in ovvia garanzia di privacy con il cambiamento di nome e dati irrilevanti), in questo breve scorcio di relazione psicoanalitica i cui quaderni di seduta portano impressa la trasformazione della passività in movimento che, da individuale, si trasforma in sinergico, dal transfert analitico (in quel momento ancora poco analizzabile) alla vita reale.

Si è trattato di un giovane studente in crisi, arrivato alla mia consultazione, su invio di familiari, con alle spalle, un’esperienza micropsicoanalitica descritta appagante, condotta da una collega, non più presente. Per mia lunga esperienza micropsicoanalitica, so che l’analisi di più membri della stessa famiglia è foriera, dopo, di un nuovo modo di parlarsi, riuscendo a seguirsi serenamente anche da lontano… come Musatti faceva con i suoi ex analizzati.

Al telefono, la persona mi viene descritta in un periodo di confusione e grande apatia. Il giorno dopo, su indicazione data, di farmi contattare direttamente, il giovine mi scrive: […] Sono in un momento di confusione e sconforto generale e vorrei avere il piacere di parlare con lei quando ha tempo per capire come affrontare la situazione. Grazie mille.

Nel colloquio preliminare, vis a vis nell’apposito spazio dei colloqui, accolgo un giovanotto con un ciuffo che, nascondendogli mezzo viso, non lo fa decifrare se piacevole o meno. Cammina a testa bassa e non mi guarda in volto mentre parla, né quando mi saluta, prima e dopo il colloquio. In sintesi, con voce bassissima e amorfa, si dichiara non più interessato ai suoi studi post diploma, pur se ben effettuati, dice, per un anno e mezzo. Sta solo frequentando un corso di tedesco che gli potrebbe servire per lavorare all’estero, se mai avesse, un giorno, la forza per farlo. Ma non avendo energia sufficiente per muoversi e uscire, racconta di star rimpiattato tutto il giorno, nel suo letto. Vive da solo in un piccolo appartamento. Fumava canne fino a qualche mese fa, ora non più. Ha lasciato al contempo, la sua ragazza e un amico con cui aveva messo in piedi un piacevole tentativo di piccola impresa. Dice di aver accettato l’invito dei suoi familiari a consultarmi per un lavoro micropsicoanalitico. Lo ascolto, astenendomi dal tentare di focalizzare un’anamnesi con invadente richiesta di dati e notizie che so, in questa fase, rinforzare soltanto le difese. Di quel primo colloquio, conservo però un’idea, presentatamisi come pensiero improvviso e lì inspiegabile, che forse avrebbe potuto esserci nel ragazzo un suo potenziale creativo, attivabile di cui, come sa chi mi conosce, mi occupo da anni (vedi nota II) e che, ultimamente, sto presentando anche in Opifer. Ma ricordo anche di non avervi indugiato, perché la continuazione dell’ascolto sembrava sconfermare questo mio pensiero, liquidato, quindi, come l’incontro con un mio desiderio di fronte alla passività giovanile.

Anzi, per quanto mi concerne, in merito all’immagine della passività in quel contesto, oggi penso che può darsi avessi anticipato l’incontro con la mia voglia di fermarmi dopo tanti anni di lavoro, su cui stava forse impiantandosi una riflessione. Ciò che, in questa vignetta clinica sta quindi acquistando rilevanza, è l’aver individuato una situazione analitica di incontro condiviso con una stessa immagine, per la relazione analista-analizzando. Non ha forse detto anche Harry Stack Sullivan, richiamato da Pier Francesco Galli (2021, p. 12): “Se una situazione sociale è reciproca, può avere l’effetto di trasformare”, mentre Salomon Resnik (2001, p. 13), parlava delle parti vergini da ogni contatto che possono risvegliarsi dall’interesse del curante e allora, ad esempio, citandolo: “ci si fanno delle cose a vicenda, ci si influenza reciprocamenteix”. E, tra tanti altri, Luciana La Stella (2020, p. 29), cogliendo “l’apporto umanistico” e quindi direi, generalizzando l’esperienza dello psicodramma, non ne parla anche lei come situazione in cui avviene “uno scambio, una relazione, nella spontaneità si crea un rapporto di empatia?”. Insomma, tante creazioni di possibilità di scambio, più o meno inconscia.

 

L’analizzando, nell’incontro controtransferale

Alla fine del colloquio, propongo ad Andrea di pensare alla possibilità di un intervento preliminare micropsicoanalitico di sedute lunghe ravvicinate che, alla fine, avrebbe potuto consentire a lui di incontrare o meno la presenza di una sua vera domanda d’analisi, indipendentemente dall’esperienza dei familiari e a me di averne valutato l’eventuale fattibilità. In Micropsicoanalisi, l’intervento preliminare serve appunto all’analista, come ha ragguagliato didatticamente Nicola Peluffo (2003): 1. controllare se il caso non richieda un’assistenza farmacologica, che l’analista non può fornire; 2. se il caso debba essere trattato in ambiente ospedaliero, 3. e specialmente se esso è trattabile con metodi analitici con ragionevoli previsioni di un relativo successo.

A fine agosto, ricevo da Andrea al cel. : Ero venuto da lei per un primo colloquio ai primi di luglio e avrei ora intenzione di intraprendere quel percorso di cui mi aveva parlato, quando e se lei fosse disponibile. Esternandogli la mia stima per chi sceglie dopo riflessione, gli propongo la prima seduta all’inizio di ottobre.

Ora dico che, l’immagine della passività, sbloccabile in quanto stasi maschile e incrementabile come femminilità benefica, ponendosi come nostra comune interlocutrice, aveva forse già prodotto il suo primo movimento. E mi ricordo che, accingendomi a scrivere questo lavoro per Opifer, mi si era naturalmente ripresentata una illustrazione del nostro maestro Nicola Peluffo (Cfr. 2017), datagli dal suo primo analista Charles Baudouin in cui, come Concordia victrix c’è “un disegno medievale di una coppia” con la donna serenamente ferma con “un rastrello poggiato sulla spalla”, mentre l’uomo si sta muovendo “per tagliare le spighe. È quello, per Peluffo, l’essenziale della concordia.” Vi ritornerò alla fine.

 

L’Intervento preliminare (IP)

Ora di seguito, l’espletamento dell’IP che si trasforma cammin facendo, in un accompagnamento scontato e naturale verso l’uscita dalla passività, al di là, dunque, del decidere o meno di intraprendere un’analisi vera e propria.

Il movimento associativo di seduta, che qui non c’è il tempo di esaminare come meriterebbe, testimonia l’iter trasformativo ribaltatosi poi nella vita di realtà. Abbiamo un totale di ore di sedute lunghe e un rimanente di sedute di un’ora e mezzo e poi un’ora, diluite in più mesi. In mezzo qualche seduta annullata o spostata per tentativi di lavoro intrapresi. Il cambiamento tecnico apportato è dunque nella gradualità dell’accorciamento del tempo classico della nostra seduta e in una dilatazione dell’Intervento preliminare con inseriti dei tempi di pausa, per dar modo ad eventuali movimenti di compiersi, come avviene solitamente nella sedimentazione.

 

Il periodo delle sedute lunghe

Le sedute lunghe ravvicinate sono espletate con un tono bassissimo e monocorde, senza energia ed emozione, che il giovane dice di non provare più, se non, prima, sotto spinello. Vengono ripercorse e dilatate le situazioni di separazione da tutto, anticipate nel colloquio vis à vis: Università, ragazza, amico/i, droga, sport, con lo stato di abulia conseguitone, riconosciuto infine anche nel tono usato in seduta: Così solo, mi sento perso, mi sono creato un vuoto per soccombervi, attratto da ciò che mi fa stare male. Diverse associazioni sui rituali, anche apparsi in un sogno, mi consentono di rilanciargli, come induttore associativo, una sua ripetizione di parola: blocco che, alla fine, si trasforma in bolla: mi sento dentro una bolla e qui, si fa strada un recente ricordo di un brutto incidente in motorino, per stato di ebbrezza e di essere sfuggito a un tentativo di seduzione, un uomo di cui mi ero fidato. Ora non cerco più emozioni forti, se vado piano, mi posso difendere meglio. Qui recupera anche il senso dei suoi periodi di silenzio in seduta: Ero abbastanza tranquillo ed ogni volta, sempre meno in imbarazzo, il silenzio a volte è meglio di tante parole. Di qui, l’elaborazione di un primo sogno in cui incontra la stima per la capacità materna di adattamento e di affettuosità. Ciò si accompagna al recupero di altre positività familiari: il padre, ad esempio, che suona spesso il pianoforte per gli amici, nonni e parenti che lo stimano in quanto unico nipote maschio. Emergono desideri di aiutare un po’ le persone ma di non poterlo fare, non essendo positivo.

Con la decisione di assumersi, dice, le proprie responsabilità in merito alla gestione del suo trattamento, nel rispetto di tutti, inizia a mandare dei curricula per lavorare, dicendo: già, il non voler far tutto subito, mi sta sembrando un buon inizio. Avrò, dice un primo colloquio, intanto qui posso elaborare il fatto di portare a compimento qualcosa, fuori dalla seduta.

Penso che il lavoro associativo stia cominciando ad entrargli dentro, fruttificando nella sua giornata.

 

Periodo delle sedute corte e sempre più distanziate

È già cominciato il periodo delle sedute corte e sempre più distanziate, anche di mesi, in cui, gradatamente, riavviene la frequentazione di amici / la ripresa del corso universitario lasciato con relativi esami / l’incontro con una ragazza vietnamita, presentata come brava e bella e il relativo piacere del ripristino sessuale di coppia / e, dulcis in fundo, la definitiva ripresa della sua scrittura interrotta, da cantautore cui dedica amplificazione associativa.

Qui, il mio ricordo che, nel primo colloquio, avevo già ipotizzato come la presenza di un potenziale creativo riattivabile, lo sento come un’intuizione, uno scambio tra inconsci.

Un mese dopo l’ultima seduta, viene spontaneamente a portarmi la sua nuova canzone, la prima completata del tutto, ma sempre tenuta presente come desiderio nello scorrere delle associazioni, montata anche in uno splendido video e cantata con la sua ragazza. Il viso, sorridente, ora si vede bene perchè il ciuffo è all’indietro. Guardiamo insieme il suo video, in cui ci sono parole che cantano di un monologo diventato dialogox.

E, mentre sto scrivendo questo intervento, ricevo (caso relativo!) un ultimo suo messaggio al cel.: La ringrazio di tutto. Al momento, sto ben procedendo. Ho ripreso l’Università e insieme un lavoretto. Ho in mente di trasferirmi in Umbria, aprendo una mia attività. La relazione con la ragazza prosegue bene.

Son passati circa due anni tra questo trattamento, nuovi movimenti di realtà e un po’ di sedimentazione. Come dal titolo portato al Convegno, la passività maschile è diventata, all’oggi, sinergia maschile- femminile. Ampliando la riflessione per il nostro sito IIM, va da sé che, sul tema della verifica a lungo termine, dell’efficacia di qualsiasi intervento psicoterapeutico (in questo caso, a indirizzo analitico), è sempre legittimo verificare, a livello di realtà, se le acquisizioni avvenute nel rapporto transferale/controtransferale (qui abbiamo presentato la sfaccettatura sinergia) avranno avuto modo di essersi mantenute in modo naturale, anche nella vita reale. A tal proposito, rimando ad un nostro libro di prossima uscita (Prunotto, La vita guarita. Sgarbugliando il gomitolo, 2024, Collana Tracce di benessere ricombinate…) che avrà il piacere di presentare proprio tale aspetto, come testimonianza e con diverse, variegate riflessioni.

 

Concordia victrix

Termino riprendendo l’illustrazione di Peluffo (2017). “La matrice del discorso, per il nostro maestro, è quella dello spermatozoo che cerca di unirsi all’uovo che pur è stato invaso. In quel modo si rinnova la vita”, scrive.

Abituatami da tempo a considerare anche gli aspetti pre e post traumatici, mi sento più interessata, anche qui, a considerare come “l’ovulo, prima della penetrazione, sia una cellula intossicata dai cataboliti, cioè dai prodotti di spurgo. Ne consegue, avevo già scritto in un’Introduzione a un libro di poesie (Gariglio, 2004, p. 36, nota. 62) che, (…) nello spermatozoo ci sia anche l’informazione di fornitura di alimentazione-vita ad un ambiente che, oltre ad uscire dalla situazione morte, diventa luogo di accoglimento dove”, per l’entrata in gioco del meccanismo che prevede una reazione di facilitazione, al di là del rigetto, “verrà tessuta una vita nuova.”. “La vita si fermerebbe, scrive Peluffo (cit.), se non entrasse in funzione un altro meccanismo: la reazione di facilitazione, che “favorisce l’accoppiamento e protegge il concepimento” (Cfr. anche Peluffo,“Rigetto e facilitazione”, cap. 2, 2010).

Mi piace allora pensare che, anche qui, questa sorta di nuova nascita sia stata in quel mettersi in moto (già nella relazione analitica inconscia) di una sinergia di coppia che, poco alla volta, è avanzata rispetto al solo movimento dell’elemento maschile verso quello femminile che aspetta pacifico, come nell’illustrazione. In effetti, da ultimo, fuori seduta, abbiamo oggettivamente ascoltato insieme, la nuova canzone.

Concludo, riconsiderando l’immagine di sinergia psicobiologica, come possibilità comune a tutti, per elaborarne la presenza di Umano e Disumano, citando un bell’intervento di Gerolamo Sirena (2024). Entrambi gli aspetti sono in noi come pulsioni di vita e morte e dovremo ringraziare ogni paziente che ci si affida, permettendoci di prendere contatto anche con qualche nostro ulteriore aspetto aggressivo ancora rimosso, spostato, proiettato, negato, o vitale, spesso solo latente come quelle tracce/immagini di buona vita, pulsionalmente creatrici di novità.

E qui, per nostra fortuna, ce n’erano già di queste tracce familiari vivifiche, rimessesi in moto, in una relazione, che da terapeutica, è sfociata nel reale della persona, creandone un compendio di maggiore plasticità, augurabilmente mantenibile nel prosieguo della vita. Affascinante viaggio! Talvolta narrato dal nostro lavoro analitico, per tentare di spiegarne qualche trasformazione, riportata anche nella realtà individuale e comunitaria.

Daniela Gariglio (18 2- 24 3 2024)

 

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Schinaia C. (2020). L’inconscio e l’ambiente. Psicoanalisi ed ecologia. Alpes, Roma.

Sirena G. (2024). (A cura di). Seminario di Interzona, Psicoanalisi e dintorni, Umano/Disumano, un omaggio al pensiero di Pierre Fédida, 3 febbraio 2024.

Stanghellini G. (2017). Noi siamo un dialogo. Antropologia, psicopatologia, cura. Raffaello Cortina, Milano.

 

i Cfr. https://www.micropsicoanalisi.it/tag/daniela-gariglio/, Newsletter IIM. Dopo la precedente approvazione, consona ai nuovi tempi, della Commissione per la pratica (CPP) e degli Istituti SIM della possibilità di affiancare alla micropsicoanalisi classica, una psicoterapia micropsicoanalitica con accorciamento delle ore di seduta e frequenza ridotta delle sedute settimanali, ora, anche come attuale Presidente della CPP, mi sto trovando a riflettere, sempre nel senso della plasticità, su possibili ulteriori adattamenti alla tecnica classica, in caso di scelte di psicoterapia svolta da micropsicoanalisti, formatisi classicamente e che, ovviamente, conservino il protagonismo dell’anima micropsicoanalitica (ad es.“interesse al dettaglio”…). Ciò potrà anche porsi come occasione di riflessione collegiale.

ii Rimando allo studio sui Movimenti creativi in analisi, messo a punto nel lavoro personale e in una successiva confrontazione di dati, contemporaneamente in due lingue, con il collega svizzero Daniel Lysek. La modellistica, uscitane è stata pubblicata in italiano (2007, Armando, collana di psicoanalisi e psichiatria dinamica, https://www.psicoanalisi.it/libri/creativita-benessere-movimenti-creativi-in-analisi-di-daniela-gariglio-e-daniel-lysek/3605/) e in francese (2008, L’Âge d’Homme, https://www.psicoanalisi.it/libri/creativite-bien-etre/4376/). Avendola trasmessa, nel corso degli anni, anche nelle mie Lezioni all’Università di Psicoanalisi Mosca (2016- 2023), ne è nata una traduzione in russo, 2021, Cogito, https://www.micropsicoanalisi.it/creativita-benessere-movimenti-creativi-in-analisi-2/) a cura della collega Bruna Marzi, responsabile del Master IIM/SIM: La micropsicoanalisi: teoria e tecnica.

iii Ne ho trovato concordanza in Cinzia Carnevali, Luis J. Martin Cabrè (Introduzione 2024, Alpes, pp. IX-XVI) che, riferendosi all’”analista come testimone, più o meno attivo, che crede al paziente e lo accompagna nella sua elaborazione” (p. XIII), attraverso l’ascolto e la capacità di incarnare l’affetto e il dolore, sentendolo nel profondo, diviene in grado di poterlo restituire trasformato. Per questo siamo alla ricerca, ne scrivono, delle trasformazioni possibili che riguardano anche eventuali modifiche della nostra tecnica e della nostra persona” (p. XV).

iv Per l’elaborazione della nozione di sinergia di cui mi occupo da tempo, rimando ad un lavoro in Psicoanalisi e Scienza sulla “coppia ad orientamento sinergico”, Gariglio, Lysek 2020, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/la-relazione-di-coppia-parte-prima/206619/ .

v Soggettività a cui anche Opifer ha dato il debito riscontro. A tal proposito, si puo’ anzi sottolineare che gli inserti affettivi della “storia emozionale” di cui parla anche Pier Francesco Galli (2021, p. 10), siano i veri grandi attrattori in quanto oggetto di condivisione: siamo tutti sempre, soprattutto umani”, ne dice, per l’appunto Galli, citando Sullivan (p.12). Nel convegno Opifer 2021 (un lavoro che approda, micropsicoanaliticamente, alla “creazione sinergica di nuovi tentativi”), avevo anch’io preso in esame la soggettività come il primo di cinque punti (tra cui nozioni micropsicoanalitiche), confluibili in un iter operativo generalizzabile: 1. soggettività, 2. processo di elaborazione ricombinativa (Gariglio, Lysek, 2007), 3. Immagine (Fanti, 1984, Def. N. 19-22, 4. Tentativo (Fanti 1984, Def. N. 87-89), 5. Contemporaneità del desiderio inconscio (Peluffo, 2006).

vi Didatticamente detto, in riferimento anche agli incontri inconsci dell’analista – terapeuta con le persone (meglio di pazienti designati) che gli si affidano, mi preme sottolineare che, la completezza formativa (ovviamente, sempre foriera di nuove riflessioni/elaborazioni) di un analista navigato non possa che averlo portato alla libertà di decidere su come intervenire, anche fuori degli schemi canonici. Lo trasmetto comunemente nella mia attività di didatta, richiamando talvolta quei Trenta metodi per distruggere la creatività degli allievi degli istituti di psicoanalisi di Otto F. Kernberg (1996. Traduzione italiana, a cura di Paola Bennati, 1998). Per quanto riguarda la creatività in analisi, rimando qui anche alla mia Lezione Creatività nel continuum trauma-resilienza-benessere (https://www.youtube.com/watch?v=RfbVZVquON8), nel nostro Master IIM (2023, https://www.micropsicoanalisi.it/master-2023-complessita-psicopatologia-micropsicoanalisi/).

vii Anche David Lopez (2009, pp. 52-53), tratteggiando “il sé luciferino” in contrasto con la “parola rigenerativa”, concorda sulla necessità di una “nuova psicoanalisi, più lieve, più gioiosa, più sana” in cui “l’analista-persona alterna melodicamente la parola al silenzio”.

viii Rimando ad una più ampia trattazione dell’argomento: Gariglio, 2022, “Distruttività, benessere e relative trasformazioni: dallo psichismo alle interazioni di famiglia”. Atti Convegno IIM 2015, Le nuove famiglie, a cura di Baldari, Alpes.

ix Cfr. in nota 9, pp. 86-87, Gariglio 2013 (a cura di Baldari): 1977, “Psicosi e Psicodramma”. Giornata di Studio SEPT (Altri relat. G. Tonelli, E. B. Croce, F. Andreoli). Fondaziome e statuto della Società Italiana di Psicodramma Analitico: dieci anni di fondazione della S.I.Ps.A, 1992, Udine.

x “Narrare, scrivono anche Carnevali, Cabrè (cit, p. XVI), (…) vuol dire ridare capacità di sognare e di far emergere l’aspetto creativo e vitale affinchè si possa riprendere a crescere e a scegliere la propria autenticità, essere se stessi e sentire di esistere e trovare il proprio posto nel mondo”.