Il problema del mantenimento di uno stato di benessere ritrovato. Esemplificazioni micropsicoanalitiche

Abstract

Un punto in esplorazione clinica è il processo di generalizzazione alla vita di realtà del benessere elaboratosi durante il trattamento psicoanalitico/psicoterapeutico, dopo la disattivazione di aspetti rimossi disturbanti. Questo “nuovo imprinting” tenderà a tradursi, poco alla volta, in una disposizione naturale psicobiologica da intendersi anche come tentativo di mantenimento di tale disposizione. Questo lavoro continua il lavoro di osservazione della situazione “benessere” in riferimento all’aspetto del mantenimento, riflettendo ancora su aspetti eclatanti della nevrosi di fallimento e di destino, trattati in micropsicoanalisi con la modellistica di Creatività benessere (Gariglio, Lysek, 2007), più volte presentata nelle Giornate di Formazione Micropsicoanalitica IIM/SIM (2002-2021). Stralci di casi clinici evidenzieranno il tentativo di potenziamento di un benessere per contrastare il forte richiamo allo stato di disagio, particolarmente forte in questo tipo di nevrosi. Un accenno anche a rivissuti controtransferali, come contemporaneità di desideri (Peluffo, 2006), osservabili nella conduzione di micropsicoanalisi portate a termine e in verifica di mantenimento.

Rielaborazione e Approfondimento della relazione portata al Convegno IIM Il tempo e l’inconscio (in nota 1).

Introduzione. Continuo il tema, più volte presentato, dell’integrazione, nello psichismo, di un’alleanza vita-creazione che, nella rielaborazione conflittuale-traumatica, si muove nel senso di un benessere. Ne affronterò ancora una voltai (Cfr. Gariglio 2013 a/b, 2018), il problema del mantenimento, viaggiando dal piacere di un tempo ritrovato (sottratto alla rimozione) all’oscillazione del mantenimento naturale dello stato vitale e creatore che, dal campo analitico, tenta di guadagnare stabilmente la realtà. Lo comprenderemo meglio, immergendoci in strutture ossessive con alta resistenza alla trasformazione dove la distruttività è protagonista per l’ininterrotto gioco di coazione a ripetere che tende a vanificare il raggiungimento creativo di espressioni legate alla vita. Vi si rifletterà attraverso materiale clinico, tratto da sedute di richiamo o approfondimento micropsicoanalitico in una sorta di follow-up, atto a verificare la possibilità di mantenere quel certo grado di benessere psicobiologico, rielaboratosi in analisi. Ci muoveremo seguendo l’evidenza di punti comuni, rilevati nei materiali analitici di cui sopra, osservati con una domanda implicita: l’integrazione di tracce di benessere latenti “elaborate e ricombinate” (Gariglio, Lysek 2007) in un processo naturale (condensazione nel preconscio di tracce di diversa natura), con residui conflittuali traumatici di rimossi disattivati – integrazione che contrasta l’inevitabile ritorno di un certo grado di rimosso -, può valere anche per le strutture ossessive? La mia ipotesi, datata come intuizione personale e osservata clinicamente da più di trent’anni è che la scoperta del piacere di creare nel benessere possa, almeno parzialmente, competere con la spinta mortifera a tornare sui propri passi, sanificando, in parte o in toto, le esperienze diabolicamente coatte fatte in tal senso.
Oggi, posso riconfermare che anche la tensione dell’accumulo ossessivo viene sicuramente alleggerita. Con l’occasione, aggiungo che ogni riconoscimento della risubentrata stasi libidico-creativa, ulteriormente elaborata in qualche seduta analitico-postanalitca, arricchisce lo psichismo di ulteriore consapevolezza. Se ne origina, poco alla volta, una spinta naturale ad incrementare i movimenti adattivi verso relazioni più soddisfacenti con se stessi e il mondo esterno in una sinergia di rappresentazione-affetto-esperienza. Ciò, in sintonia con certa psicoanalisi contemporanea (Cfr. ad es. Kenberg et al.)ii.

Andiamo per gradi. Cominciamo col dire, in generale, che la rilevanza del lavoro psicoanalitico è il palesarsi, nel campo transferale-controtransferale, della variabile tempo: qualche porzione di energia, incapsulata nella ripetizione nevrotica, si libera e diventa risorsa creatrice che va nel senso di nuovi tentativi. Allora, quando nella seduta psicoanalitica viene elaborata la riattualizzazione di certi automatismi coatti, “l’atemporalità dell’inconscio” o meglio, quell’impossibilità di abreazione di affetti non scaricati che si sono fissati, si trasforma in un tempo reale che scandisce l’hic et nunc analitico con maggior leggerezza, eccitazione e benessere.

Per una sintesi generale, rimando alla modellisticaiii di Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi, (Gariglio, Lysek 2007, https://www.psicoanalisi.it/libri/creativita-benessere-movimenti-creativi-in-analisi-di-daniela-gariglio-e-daniel-lysek/3605/ 2008, https://www.psicoanalisi.it/libri/creativite-bien-etre/4376/ , ora tradotto in russo e presentato all’Università di Mosca il 22 maggio c.a., dalla Dott.ssa Bruna Marzi e dagli Autori, presenti on-line), ai molti lavori sul relativo processo di generalizzazione (v. Gariglio, Memoria SIM 2008, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/parlando-di-creativita-benessere-in-particolare-nella-relazione-analitica-parte-prima/4076/, ridotta in due parti per Psicoanalisi e Scienza, 2010) e ai diversi aspetti studiati personalmente su cui appoggio Interventi vari e una lunga Lezione, “Creatività tra trauma resilienza e benessere” (Corso IIM, in collaborazione con L’Università di Psicoanalisi di Mosca, responsabile del modulo, B. Marzi).

Nel corso del tempo (v. ultimi lavori in Gariglio, 2019, 2020 ab, 2021), ho attentamente osservato in analisi, nel dopo analisi, in qualche artista e, quando possibile, nella vita di realtà di persone “caratterialmente predisposte” (v. collana Tracce di benessere ricombinate (tbr), 2017…), certa capacità di soddisfazione e distensioneiv, elaboratasi e ricombinatasi con gli echi rimasti dalla disattivazione di aspetti rimossi, fagocitanti e dolorosi; disattivazione dissipata o mantenutasi nel dopo analisi e nella vita in generale. Psicoanaliticamente parlando, si tratta della verifica dell’avvenuta “introiezione (potrebbe dirne Stefano Bolognini, 2008, p. 38), autentica e profonda dell’esperienza analitica, acquisita strutturalmente come propria e riproducibile anche in situazioni extra analitiche”, integrandovi, aggiungo, qualcosa di proprio, la “propria verità scoperta in sé e tradotta in tentativo di vita” (v. Gariglio 2011, in rielaborazione).
Continuerò questo discorso iniziato nel 2012, riferendolo, più che al paziente, alla persona rappresentabile come integrazione di sistemi difensivi ed espressivo-creativi che riguardano le parti vive/sane. A questo proposito, al convegno mi ero già raccordata con il pensiero di qualche maestro contemporaneo come Salomon Resnik, Jorge E. Garcia Badaracco e Davide Lopez, richiamando solo tre aspetti dell’eredità di quest’ultimo: “tensione relazionale”, “alleanza terapeutica vitale”, “orgoglio identitario della creazione”… riecheggiati in un convegno degli Argonauti (2012), che aveva “ripensato Lopez” come persona non omologata, in coerenza con il suo invito ad una “dinamica et-et”. Fausto Petrella, sintetizzandone il pensiero ne aveva anche sottolineato il suo “grande piacere della creatività, messa a servizio della conoscenza”.

Il mio campo di osservazione è quello psicoanalitico trattato in micropsicoanalisi con la nostra “seduta lunga” ma potrebbe anche essere quello di un qualsiasi operatore che utilizzi tale studio sul processo creatore, adattandosi, di volta in volta, al campo analitico in cui è immerso, come attore empatico e neutro spettatore. Da questa angolatura, l’attenzione all’insorgere creativo di tentativi e aspetti nuovi entra, a pieno diritto, nell’osservazione di ciò che succede anche dopo le disattivazioni conflittuali-traumatiche, in generale, proprie della psicopatologia. L’analista, interessato al percorso “verso” l’atto creatore che approda al nucleo energetico-pulsionale-relazionale e, di qui, “dell’atto creatore” che, dallo psichismo riapproda alla realtà, immetterà, gioco forza, nella relazione inconscia-preconscia transferale-controtransferale del campo analitico, l’attenzione sia alle tracce conflittuali traumatiche, protagoniste nella coazione a ripetere, sia a quelle che abbiamo chiamato di “benessere” perché riguardano la distensione, l’adattamento, la soddisfazione, la relazione, nella sinergia morte-vita. Anche queste tracce tendono a ripresentarsi in analisi e sono anch’esse visualizzabili in certi desideri, chiamati “contemporanei” da Nicola Peluffo (2006). Secondo quest’ottica, l’operatore diventa il tramite che permette lo scongelamento di entrambe le tracce che si elaborano e ricombinano in un preconscio con cui prendere confidenza.
A proposito dell’importanza del preconscio, al convegno avevo citato Stefano Bolognini (2008): per “molti autori (e tra i più convinti e convincenti, Davide Lopez, in tutta la sua opera), la familiarizzazione col preconscio è una meta fondamentale dell’analisi (…) una vitale azione terapeutica (…) negli aspetti più diretti del rapporto con il paziente (…) in cui l’analista finisce per comunicare esperienzialmente al paziente un modo di funzionare, in un certo senso un modo di essere, che alla lunga potrà ‘contagiarlo’ con successo. (…) ciò dà vita a un’esperienza formativa condivisa che rende progressivamente sperimentabili nuovi modi di convivere con se stessi e con l’altro…” (pp. 44-45). Parlando di “metafore condivise”, Bolognini aggiunge, “io so di descrivere qui qualcosa di profondamente naturale (…) riparativo e riequilibrativo. La parte più artigianale (…) forse di un accurato trattamento analitico.” (p. 59).

La generalizzazione del benessere analitico. Se, genericamente parlando e seguendo ciò che ne avevo condiviso al convegno (2012), riflettiamo in termini di “tempo” – un tempo fissatosi, perso, ritrovato (dicendolo con Proust) – quando le persone in analisi riemergono da certa fissazione, il loro tempo può riprendere a scorrere, producendo dei dati osservabili che possono dare ancor più attendibilità al lavoro psicoanalitico, come ponte per la realtà. Così, nei miei dati, ho osservato il passaggio da certa fluidità psichica raggiunta in analisi al proseguimento nella vita di realtà; con il mantenimento di un buon accordo tra le istanze superegoiche e quelle narcisistiche ho visto fiorirvi interazioni più armoniose, intrapsichiche, interpsichiche e interpersonali. Bolognini ne parla come “Contatti occasionali e in cooperazione dell’intrapsichico e interpersonale, attraverso l’interpsichico” (2008, p. 87).
Dunque, la generalizzazione è, anzitutto, un movimento libero, meno ostacolato da certo ritorno del rimosso che si intravvede ancora in riattualizzazioni analitiche ma per lo più come eco in cui la sofferenza è attutita o addirittura neutra. Si tratta di residui, echi appunto di cui era stata raccolta, elaborata e commentata una serie esemplificativa di dieci Autori (pp. 19-163) con analisi micropsicoanalitica terminata (v. AA VV, a cura di D. Gariglio, Ortensia Vevey 2001. DG. “Genesi di questo libro: Micropsicoanalisi come liberazione di tentativi creativi, pp. 7-11. DG e OV: “Introduzione alla lettura”, pp. 13-18 e Quirino Zangrilli: “Prime impressioni di lettura”, pp.165-66. In PeS, febbraio 2014, https://www.psicoanalisi.it/libri/aa-vv-echigemme-cura-di-daniela-gariglio-ortensia-vevey/4590/ ).

La consapevolizzazione raggiunta consente che avvenga, per lo più, solo un rallentamento del tentativo, vibrante di energia liberata che si sta esprimendo, cercando nuovi oggetti. Un rallentamento, quindi, non un ritorno totale alla stasi dell’immobilismo pulsionale. Anzi, questo inciampo viene qui sentito come una pausa corroborante. Sono persone che, nella sedimentazione del lavoro analitico, pensano come degli analisti segno, per noi, che l’analisi ha penetrato proprio la struttura psicobiologica in cui è in atto il tessersi di una trasformazione: ricordiamo sempre che la difficoltà sarà il mantenimento di ciò, soprattutto nelle strutture a connotazione ossessiva. Comunque, per trasformazione, intendo, non solo un cambiamento superficiale di comportamenti, basato su entusiasmo del momento, su imparaticci, su effetti placebo o su transfert positivi, spesso ancora idealizzanti, ma un avvicendamento naturale di sfaccettature dell’Immagine, legate sia al conflitto che alla sinergia. Ne abbiamo cominciato a parlare in un lavoro specifico, portato con Daniel Lysek ad un seminario SIM (2009) e pubblicato in Contributi Scientifici IIM (https://www.micropsicoanalisi.it/sviluppo-creativita-possibile-trasformazione-dellaggressivita-nel-corso-micropsicoanalisi/). Quel lavoro è un continuum di passaggi: dall’energia imbrigliata in qualche sfaccettatura conflittuale-traumatica all’energia che si esprime liberamente in un nuovo tentativo creatosi, a partire dalla rimessa in moto, come ho spesso esemplificato, di un motivo familiare, desueto nell’attuale della persona, proseguendo con la tessitura di qualcosa d’altro, dato dalla ricombinazione di variabili. In questi anni ne ho prodotti diversi altri esempi.

Generalizzazione come nuovo imprinting. Riferendoci alla trasformazione, la generalizzazione può connotarsi allora come un “nuovo imprinting” (in: Gariglio, 1992, 1997, Bollettino IIM e 2010 Atti IIM; interventi per Arte e Psicologia, per Psicoanalisi e Scienza, per Anamorphosis… Vedi Bibliografia in sito IIM), che affianca quello conflittuale-traumatico, produttore di coazioni a ripetere. Un imprinting di benessere come ne scrive una persona, rielaborando tutto il suo lavoro… da vera analista, in una delle sue ultime sedute, preludio all’uscita in toto nella vita vera: L’imprinting al benessere è fondamentale perché addomestica (nel senso migliore) l’inconscio e nel transfert comunica ed apre alla possibilità di farcela. È importante il contatto, che avviene nel setting analitico, con le possibilità latenti: momenti di distensione e condivisione di qualche risata, dopo tante lacrime! S’intersecano i vissuti, si mescolano in profondità e ne emergono nuove occasioni.

Sto riferendomi, anche con questo scorcio associativo, ad una traccia che induce al ripristino di quella disposizione naturale psicobiologica, individuata come matrice comune, nel movimento e nell’espressione umana, fin nelle sue radici preistoriche, come abbiamo testimoniato con Lysek, in due lavori del 2009 e del 2011 dove abbiamo indicato, anche con l’ausilio dell’archeologo Pietro Rossi, 5 aree di benessere, evidenziate nell’arte del Paleolitico (v. Gariglio, in Bibliografia IIM). Ho sempre continuato il discorso fino ad oggi, presentando via via serie di esempi micropsicoanalitici come quelli condivisi al convegno Psiche e Natura (Gariglio, 2021, IIM) in cui le persone, dopo l’analisi, hanno ripreso un sano contatto con la natura come nuovo imprinting di benessere che cadenza la vita.

Nel discorso sul tempo (convegno IIM 2012) che, da inesistente diventa reale, tale imprinting può leggersi come un tentativo di mantenimento nella vita di realtà, di una trasformazione avvenuta in analisi. E ciò è ben visibile nel recupero di nuovi desideri che portano, nel tempo, all’instaurarsi di altre abitudini latenti, talvolta, già appannaggio di qualche antenato o familiare. E anche questo può essere un “inesprimibile genealogico” (Peluffo, 1988. Cfr. anche Cheloni, 1996-2020v) legato, però, ad una sfaccettatura di benessere che preme nello psichismo per riesprimersi come tentativo di vita nella realtà postanalitica: Sto facendo dei viaggi meravigliosi. Solo ora scopro che anche altri antenati e familiari lo avevano già fatto. Nella fattispecie, con questo motivo familiare, consapevolizzato in una seduta di richiamo, dopo anni dalla fine dell’analisi, ha ripreso corpo, naturalmente, una capacità di soddisfazione, latente nella persona attuale ma inscritta nel suo terreno.

Così, si rimette in moto un tentativo la cui energia è stata già operante in più persone: è risaputo che, con il movimento, l’essere umano si diseccita. Ciò significa, anche, che qualche sfaccettatura conflittuale-traumatica dell’Immagine ha perso energia e, disattivandosi, ha potuto dare visibilità ad altre tracce, più connotate di un benessere psicobiologico (Mi rappresento l’Immagine come un insieme di pacchetti energetici di diversa vibrazione, a seconda che si tratti di tracce conflittuali traumatiche – v. anche Tartari, 2013 – o di benessere). Tante volte l’ho visto succedere, osservando la materializzazione di energia nel campo relazionale analitico che si esprime come dinamica creatrice separazione-vuoto-individuazione: Ricavo piacere da ciò che è semplice, facile e naturale. Se prima ero attivato dallo scalare grandiosità ora lascio andare le situazioni ardimentose… È vero: con il lento ripristino del dato di realtà, si smorza la tendenza al grandeur, talvolta frutto non di onnipotenza ma di imperativo inconscio a riattualizzare situazioni traumatiche, intrauterine o di immediato post nascita.

Il passaggio da una sfaccettatura conflittuale-traumatica ad una di benessere. Per stare meglio, c’è allora bisogno di un’alternanza di sfaccettature dell’Immagine, in un continuum di accensione-spegnimento. Nella seduta lunga, l’ho visto verificarsi tante volte: dal disagio del motivo diabolico che tende a ripetersi immutabile, al ripristino di un tema familiare, ancora carico d’affetto e spinta latente, fino a una forma nuova, frutto della creazione data dall’elaborazione ricombinativa che può generare anche forme diverse, variandosene il peso delle variabili.

Ne sto parlando in questa sede, privilegiando un materiale clinico che riflette su aspetti eclatanti della nevrosi di fallimento e di destino, per l’appunto trattati in lavori micropsicoanalitici che, come ho detto, hanno utilizzato la modellistica di Creatività benessere. Ho scelto, tra tutte, proprio questa tipologia di nevrosi perché, dopo esperienze di benessere, sono quelle più facilitate al richiamo alla tendenza coatta conflittuale-traumatica (pur se riattualizzatasi, riconosciuta e disattivata nel campo psicoanalitico), anche solo come ritorno di qualche forma di eco-residuo. Qui, il mantenimento di un benessere esperito e, qualche volta, ripresentatosi naturalmente, è sempre difficile e complicato. Sono terreni psicobiologici ossessivi in cui, coerentemente con la modalità “trattenersi-espellersi”, tipica dello stadio anale, le persone tentano di tenere a bada la paura-attrazione per il richiamo di un vuoto, come espressione di massima libertà, quindi di pericolo. Le difese, comunemente in uso, sono isolamento, spostamento, negazione, annullamento retroattivo. Questi soggetti si isolano per non toccare o essere toccati in un tabù onnicomprensivo che include la paura/desiderio del vuoto e la resistenza/attrazione per il movimento. Al convegno IIM, Verità e realtà psichica (2011), avevo presentato sommariamente questo aspetto, parlandone anche controtransferalmente utilizzando la rappresentazione del Noli me tangere.

Ad esempio, in questo periodo di isolamento obbligato dato dal Covid, con sedute via Skipe (dove ci si saluta all’inizio e alla fine della seduta e poi si lavora senza vedersi) il transfert della persona con struttura ossessiva ne è stato sicuramente avvantaggiato come difesa ma, paradossalmente, tutta la relazione analitica, talvolta, ne è stata invece avvantaggiata. Eccone un chiaro, recentissimo esempio, in un dettaglio tratto, per l’appunto, da una di queste sedute via Skipe dove io lavoro con le cuffie e un piccolo microfono: Sento “troppo vicino” il suo respiro… in studio è più lontana e mi sento più sicuro. Così la sento troppo vicina, il respiro è più intimoHo bisogno di presenza ma vicino così mi scombussolaNon so definire se è paura o altro… Mi viene il desiderio di aver una persona vicina e l’istinto contemporaneo di scappare … forse è solo una cosa nuovaNuova serie associativa che approda all’immagine della madre: Sto cercando ricordi di mia madre vicina a me, solo con me, per me… In effetti, mi accompagnava qualche volta a comperarmi dei vestiti… Ho solo sempre ricordato i suoi frequenti schiaffi – Tornando a rivolgersi all’analista – Questo suo respiro qui, mi richiama un rapporto troppo forte in cui io ero debole, come con mia madre incattivita… non dovevo richiamarla troppo, dovevo stare a una distanza di sicurezza… è questo che mi ha ricordato il respiro qui: reggere all’interno di un’area a rischio… man mano che ne sto parlando e riconoscendolo lo sto reggendo e mi sento più tranquillo e … questo, allora, è rapporto… come quello affettuoso con la nonna… Ho sperimentato qua un momento di contatto con il respiro troppo vicino di mia madre … e sono riuscito a starci… e più parlavo più mi sentivo vivo e indipendente da quel respiro. Ho rivissuto una situazione traumatica, andando oltre…

Nella seduta successiva, lo stesso tipo di respiro dell’analista viene sentito solo come un momento di rapporto e nel materiale delle 24 ore la persona racconta di aver, in modo naturale, comunicato i suoi desiderata, accettando semplicemente che non fossero gli stessi degli altri in frequentazione, senza però criticare nessuno. Le associazioni vanno poi ancora sul respiro, scendendo di livello: all’atto della nascita, il respiro della persona si era presentato ostruito: Questo primo respiro deficitario mi ha fatto sì di sopravvivere a metà, in tutta la mia vita… // Ora un ho crampo alle gambe… mi sto fermando? Bene, lo accetto se anche così fosse … incredibile, mi si sta scaldando il piede che fin qui era gelato. La persona è riuscita a non criticarsi o valutarsi.

Nella struttura ossessiva ciò è praticamente impossibile! La seduzione della pulsione di morte che si esprime attraverso la coazione a ripetere, com’è risaputo, impedisce relazioni soddisfacenti, intrapsichiche e interpersonali. Quando gli affini si cercano per reciproca fissazione al sadomasochismo, diabolicamente, viene alternato il gioco: vittima-carnefice. Per la conosciuta legge dell’elastico, la tendenza è quella di ritornare allo stato usuale, tentando di vanificare la capacità ricombinativa acquisita: un po’ avanti e poi indietro in una oscillazione riscontrabile anche nel corso delle generazioni. Si tratta di fedeltà all’immagine dell’interruzione che porta all’impossibilità e al disagio, come stato di insoddisfazione. Con il progressivo aumento della fluidità psichica, data dal processo di elaborazione ricombinativa, l’analisi, mette comunque in moto qualche insolita manifestazione di creatività benessere. Per meglio dire, alla fine dell’analisi, tali strutture riescono a diventare portatrici di un numero di volte in cui sono riuscite ad elaborare modalità più fluide, assaporandone il benessere risentito ma come ho detto, la tendenza al ritorno alle modalità coatte, continua a permanere, anche se attutita. Siamo, d’altronde, vicini al campo della cronicità che utilizza anche il corpo per esprimere tale fedeltà a certa distruttività della pulsione di morte-di vita con incidenti e malattie di vario tipo o acciacchi momentanei. Lo abbiamo appena intravisto nell’esempio riportato e ne ho parlato dettagliatamente in un nostro convegno IIM di Psicosomatica (2016. Atti a cura di Baldari, in corso di pubblicazione, Alpes) con la relazione “Psicosomatica della seduta lunga: uno scambio creativo tra corpo e parola” che amplificava resistenze somatiche, sorte in seduta e poi elaborate.
Tali fenomeni continuano a manifestarsi nel tempo della sedimentazione ma, in qualche seduta, sono semplicemente “narrati” come il ritorno di antiche abitudini. Successivamente, tali manifestazioni morbose si presentano attutite e, quando sono riattualizzate in sedute di rappel, sono riconosciute come ondate, subdolamente striscianti, di ritorno del rimosso: beanze narcisistiche, le penso, in tipiche fluttuazioni sado-masochistiche.

Un altro esempio: Mi sono sentita, per la prima volta, una voce bassa, da morta, senza energia eppure parlavo di piaceri… capisco solo ora che questo timbro diabolico ha accompagnato tutta la mia analisi e che l’abbiamo subita entrambe. Me lo spiego come un modo subdolo per vanificare l’affetto di questi movimenti vitali. È vero, il richiamo all’isolamento di Narciso rende impossibile la relazione affettiva ma l’immediatezza dell’elaborazione anche emotiva rende qui il rinnovarsi del fallimento solo un’eco. Protagonisti restano invece i nuovi movimenti gratificanti dovuti alla maggiore fluidità dell’avvicendarsi delle sfaccettature dell’Immagine in discreta coerenza rappresentazionale-affettiva di cui v’è coscienza. Un altro indice di tentativi di trasformazione è quando, in qualcuna di queste sedute, insorgono vissuti di dispiacere. Interessante l’elaborazione che spesso ne ho incontrata: la ripetizione coatta non è più per tenere in scacco l’analista, dimostrandogli che il suo lavoro è un fallimento perchè non viene mantenuto il cambiamento: La punivo per desiderarmi vivo, in proiezioni tipiche, oppure: mi piaceva sentirle il respiro pesante perché mi sembrava di essere riuscito a farla addormentare con il mio tono monocorde. Viene piuttosto riconosciuta la fedeltà alla struttura, anzi, a certa traccia diabolica che, inconsciamente, continua a spingere la persona verso la costruzione di fallimenti o perdite, in obtemperanza alle due definizioni che traggo dal nostro Dizionario di psicoanalisi e di micropsicoanalisi (Fanti, 1984), ovviamente, su falsariga freudiana (v. anche Laplanche- Pontalis, 1967, tr. 1989).

“Nevrosi di fallimento: stato conflittuale di tipo ossessivo in cui la coazione a ripetere conduce a un perenne insuccesso autopunitivo.” (def. n 428, p. 186): Quando avrei potuto avere un successo, vivere una soddisfazione… ho interrotto.

“Nevrosi di destino: stato conflittuale di tipo ossessivo in cui la coazione a ripetere conduce a un’inesorabile catena di disgrazie” (def. n. 429, p. 186). La difesa più eclatante è l’inibizione del movimento che può riguardare più generazioni. Freud, in Al di là del principio di piacere (1920, 3), ne parla come persone che si sentono perseguitate da un ineliminabile destino avverso, per un orientamento demoniaco della loro esistenza. Ciò è ben visualizzabile nell’elaborazione di riattualizzazioni: Non appena mi accorgo di stare un po’ bene, sentirmi soddisfatto, un po’ felice, ritorno indietro, per non incorrere ancora in qualche incidente di destino familiare. Ne fa fede, questo sogno (di un’altra persona): Mi trovo a raccontare contenta in un gruppetto, come un uomo mi abbia chiesto in moglie subito dopo avermi dichiarato il suo amore. Ma poi mi sveglio di colpo per andare a vomitare. In questo modo ho subito buttato fuori da me quel nuovo stato di felicitàNon mantengo ancora ma almeno lo sto riconoscendo. “Un colpo di spiegazione da vero maestro”, avevo pensato, durante questo ascolto!

In queste nevrosi, nonostante momenti di speranza per la trasformazione dopo il riconoscimento nella propria vita della ricreazione di qualche fallimento, nel transfert di seduta si esperisce ancora la sofferenza. Nella mia esperienza clinica, dopo l’avvenuta accettazione di poter anche stare bene, è stata richiesta qualche seduta di approfondimento. Ciò va nel senso di questa nostra disanima di aver cioè mantenuto in memoria l’esperienza di benessere, nel senso di aver rievocato, nella seduta in oggetto, l’incontro con tale esperienza senza averla quindi vanificata, annullata o spostata. La difficoltà è dunque nell’interiorizzazione del lavoro fatto (nuova elaborazione teorico-didattica).

Mi è capitato spesso di aver a che fare con queste strutture di personalità, seguite nei loro anni postanalitici, come stigma di destini di vita che si poggiano talvolta anche sulla fissazione a una vita fetale difficile talvolta su imprinting già filogenetico (V. Zangrilli, 2001, Gariglio, “Finestra clinica” 2010, Marzi B. 2012, Lysek 2019…).Ad ogni buon conto, l’analisi immette anche in questi psichismi una certa capacità di relativizzare e, comunemente, le persone accettano, ad un certo momento, di non poter andare ancora oltre, addebitando al carattere, al destino e agli altri (traditori, ingrati, persone proprio cattive…) una felicità quanto meno limitata o un attutimento della sofferenza. E comunque, quando si approda all’accettazione di un destino dato, accomodandovisi, si è raggiunto il punto di vista classico, un sano vissuto di relativizzazione, evidenziabile nella spiegazione finale della nozione di “tentativo” (def. n. 103, p. 59, Silvio Fanti e collaboratori): “ (…) più nulla e nessuno lo urta e lo urterà. E sorriderà di ogni ‘riuscita’ che gli sarà data in sovrappiù.”.
Qui, anche controtransferalmente si disattivano rivissuti di colpa e rammarico e subentrano rispetto ed acquiescenza per quel richiamo ondivago a mantenere un benessere esperito. Insomma, si accetta insieme che di più non si possa avere/esperire. Ed è qui che, talvolta, proprio perché non pensato, lasciato andare come desiderio, qualche cosa invece succede. Talvolta.

Dalle sedute di approfondimento. Ancora nel 2012, avevo detto che gli accadimenti strutturali di cui stavo parlando, li avevo osservati durante e dopo la nostra disanima sui movimenti creativi in analisi (Gariglio, Lysek, 2007) e li avevo verificati in gruppi di sedute di approfondimento analitico, richiesto qui e là, nel corso degli anni. In occasione di quel lavoro sul tempo, da assente a protagonista, avevo allora focalizzato un iter che andava dalla relativizzazione della sofferenza al desiderio di mantenere, consapevolmente, uno stato di benessere e, talvolta alla capacità di farlo, o quanto meno di tentar di muovercisi, bilanciando creativamente libertà e relazione. La riflessione è ovviamente continuata negli anni a venire.

Anzitutto, la riflessione sui materiali della struttura ossessiva che ho trattato, mi ha evidenziato che, in generale, le dinamiche di seduta hanno sicuramente evidenziato una capacità di riconoscere sempre la riattualizzazione di un rimosso o di un’eco, relazionandosi con i residuati dei rivissuti di disgusto, rammarico, fallimento… dispiacere, rispetto alla naturalezza di un benessere, in quanto esperienza nota che consente dunque la confrontazione. Con il vissuto di dispiacere, esteso anche all’analista, è stato infine verificato il mantenimento di una capacità di relazione interpsichica. Questo è avvenuto dopo numerosi assalti di momenti di transfert negativi che hanno appunto reso difficoltoso il mantenersi dell’“alleanza terapeutica” di cui Eagle (2012, p. 271) individua “la più utile definizione in tre elementi di base: relazione collaborativa e relazione tra paziente e terapeuta; un legame affettivo tra loro; e l’accordo tra paziente e terapeuta circa gli obiettivi del trattamento.”.

Griglia di movimenti in comune, riscontrati in queste tipologie di personalità. Parto dai momenti terminali dell’analisi ed estendo l’osservazione agli approfondimenti successivi che hanno permesso quelle verifiche di cui ho un po’ tentato di parlare, sul mantenimento o dissipazione della situazione benessere, che ripristina capacità innate nella specie.

In 11 passaggi ho raggruppato osservazioni comuni come sintesi di quanto detto:

  1. Più volte, con l’avanzamento dell’analisi o nella sua parte terminale, un benessere raggiunto è stato vanificato, per il richiamo al “fallimento” o per il prodursi di qualche nuova “disgrazia”. La fedeltà è verso un destino dato che vieta una vita affettiva, libera e creativa, sessualmente ed aggressivamente equilibrata. Lo schema coatto qui si sta trasformando da: Comincio bene e dopo un po’ mi incastro, a: Mi incastro per disincastrarmi per un po’ ma poi ci ricasco (in quel per un po’, si può constatare la variabilità del mantenimento di un benessere).
  2. Il gioco dell’elastico è chiaro: il benessere esperito non si mantiene. Con la convinzione dell’inevitabilità di un certo grado di ritorno del rimosso, qui, il desiderio è, almeno, di convivere con la precarietà del benessere.
  3. Nel materiale della vita di realtà, comincia ad emergere un fermarsi naturale della spinta all’attrazione inconsulta. Il rivissuto di seduta aggiunge un’emozione di gioia e soddisfazione. Diventa verificabile il tentativo di generalizzazione. Lo schema ora è: mi incastro per tentare di disincastrami definitivamente.
  4. La nevrosi di transfert (Def. n. 432, p. 187) è ancora reindagata ma comemomenti di transfert negativo, evolutivo” (Zucca Alessandrini, 2012). Non c’è beanza per il disagio riprodottosi (fallimento, disgrazia). L’angoscia di separazione, trasformatasi in tristezza per la fine del rapporto importante analitico, è mescolata alla soddisfazione, citando Nicola Peluffo, della “nascita anche psichica”, verso nuove libertà.
  5. In seduta, si manifesta il piacere del creare qualcosa di originale nella vita reale, con il mettersi in moto della resilienza che sfrutta l’energia svincolatasi dalla perdita “per l’attivazione di informazioni latenti di vita” (Cfr. Gariglio, Anamorphosis, Anno 7, Numero 7 pag. 24 e Anno 8, N. 8, pag. 21…) da cui nasce il mio conio di “solitudine creativa”. Con la spinta a condividere le proprie creazioni, spinta che evidenzia una capacità di ridare indietro, si verifica un allentamento delle difese ossessive verso l’elaborazione di Edipo-castrazione e la trasformazione del conflitto, tendente a verticalità e ambivalenza, in una genitalità sana di “coesistenza della corrente sessuale e di tenerezza” (Freud,1905, p. 514). La spinta è ora verso la sinergia e la collaborazione. La generalizzazione dell’esperienza analitica, sentita finalmente arricchente, rivela la tendenza in corso al mantenimento di un benessere.
  6. Dall’elaborazione, ormai naturale, di nuovi movimenti di transfert analitico che dimostrano l’avvicendarsi, in atto, di sfaccettature dell’Immagine, avviene il recupero di aspetti diversi di persone frequentate nell’attuale e in passato. E questo avviene in singole sedute richieste: perché, elaborando subito, senza spostare nel tempo, tutto possa accadermi più in fretta. I sogni portati e le associazioni parlano di assorbire, elaborare, emozione, originalità… Parole non più difensive ma di rielaborazione affettiva ed esperienziale, verso un nuovo in accettazione. Anche Bolognini (2008), dà maggior risalto agli “aspetti elaborativi nascenti, più che a quelli”, scrive, “pur presenti, del ‘lavoro’ difensivo” (p. 157).
  7. In qualche seduta, richiesta ad hoc, viene portato ancora il fagocitamento di certo rimosso, ritornato in maniera attutita o come eco. Relativamente al continuum incastramento-disincastramento, l’interesse è, qui, di verificare quanto duri il mantenimento del benessere. Ma, l’integrazione nello psichismo del nuovo imprinting di benessere, fungendo da induttore associativo, dopo le perdite, spinge a creare, unendo la ferita al vuoto che se ne crea, verso altre soddisfazioni. La persona, consapevole di questa sinergia “vuoto-ripristino di tracce di benessere”, ci si fa consolare, diventandone una disquisitrice. È la padronanza del metodo analitico che sta rendendo più plastico lo psichismo. E, quando il fenomeno riappare in qualche rappel, con il gioco diabolico che tenta, il vissuto di colpa ha ormai lasciato il posto alla curiosità di cosa potrà generarsi di nuovo… dopo. Un esempio: in un terreno familiare di cancro, l’analizzata, che vive ora una sua vita appagante, sogna della scoperta di un suo tumore nella schiena. L’unica elaborazione rapidissima e ridentemente ammiccante, è stata: “ah, eccola qua, un po’ di fedeltà alla vecchia traccia!
  8. È palese un comune riferimento metodologico. Il linguaggio cerca la via maestra in concordanza con qualche sogno. E quando questo soddisfa ancora il desiderio di mettere in scena ostacoli, attraverso azioni lentissime, ciò viene riconosciuto subito, durante il racconto in seduta e persino ironizzato.
  9. Ci sono sogni comuni che evidenziano il desiderio di trasgressione al richiamo coatto. E ce ne sono altri che soddisfano il controllo dello stimolo ad essere fagocitati dall’accadimento distruttivo: sogni “sani” (dicendola con Lopez, Zorzi, 2012, p. 39) che valgono come preludio di esercizio nella vita di realtà. La struttura, resasi più plastica, produce fatti coerenti con il desiderio. Movimenti lentissimi ma degni di nota che, nel campo analitico, vengono dilatati, amplificati e ascoltati con rispetto: per me, un ibrido (Gariglio, 2011 et), fatto di tracce diverse, sentito come “risorsa, anziché come conflitto.”
  10. Riassumendo. A questo punto, si manifestano tentativi nuovi di “creatività benessere”. Queste manifestazioni vanno nel senso della nascita di quei “propri originali” (di cui parlo in diversi lavori), impostatisi in seduta. Il movimento è oculato, capace di misurarsi con l’eco della coazione a reimmettersi in strade difficoltose con la creazione di ostacoli. E questo avviene nel sogno, in seduta ed evidenziato anche nella vita di realtà.
  11. Un piccolo esempio (tratto da un rappel postanalitico) transferale/controtransferale che parte dal dettaglio di un sogno, elaborato dalla persona come sintesi: in una casa in ristrutturazione, misuro l’ampiezza delle finestre… perché oggi voglio più apertura verso l’esterno. Da un punto di osservazione controtransferale allargato alla vita di realtà durante la conduzione analitica, in quei giorni, mi stavo giusto occupando di una sintesi, per una relazione; in seduta, ricordo di aver pensato alla nozione di Nicola Peluffo, “contemporaneità di desideri”, richiamandomi il michelangiolesco “levare e mettere”, come costruzione delle delimitazioni e marcature in una ridefinizione della propria identità.
    Contemporaneamente al mio pensiero, la persona si sofferma su certa condivisione profonda che, da un certo momento dell’analisi, dice di aver cominciato a riscontrare. Per me, conclude, la mia sintesi è andare verso l’esterno, dopo tanto interno, in una relazione soddisfacente. Recuperando un bell’intervento di Bolognini sul sogno (2000, p. 51), ne cito: “Nei casi migliori di esperienza condivisa, i sogni ci lasciano intravedere, senza che ce lo aspettassimo, territori inesplorati del mondo interno e della relazione…”. Un sogno che, oggi, descriverei come una verità inconscia del campo analitico in cui il desiderio, dapprima proponimento diventerà tentativo personale ma condivisibile.

Qui, in conclusione, la struttura sta mantenendosi plastica: vi è in corso un’alternanza naturale di sfaccettature dell’Immagine dove circolano anche tracce di benessere che si sono slatentizzate nel preconscio e c’è maggiore fluidità psichica perché le istanze superegoiche, particolarmente crudeli e quelle narcisistiche che vietano il rapporto, ora comunicano, avendo abbandonato l’interiorizzazione di una relazione sado-masochistica che esprimeva la grande tensione tra l’Io e un Super-io spietato. Riaffiorano materiali inconsci, elaborandosi come spontanei “oggetti psichici e reali, ricombinati” (Gariglio, Lysek 2007, pp. 104-121) che, in seguito vengono riconosciuti. Vi è un continuum tra riattualizzazione del trauma e nuove tracce che emergono, a posteriori.
Voglio azzardare che, in queste strutture, possa essersi instaurata una “consapevolezza perdurante” (Zorzi, 2012, La sapienza del sogno, scritto nel 1999 dai coniugi Lopez. Qui, il riferimento è alla Nuova edizione, riveduta e corretta da Loretta Zorzi Meneguzzo Lopez, dopo la morte del marito, con Prefazione di Theodor J. Jacob). Sicuramente, c’è sia più flessibilità di adattamento a creare, di volta in volta, condizioni idonee di difesa, sia accettazione di qualche esperienza di vuoto, già esperito vivificante e potenzialmente creatore. Sicuramente non più fonte di angoscia. – Ci sarà, mi ero chiesta nel 2012, ancora margine per una scarica definitiva dell’input persecutorio con ulteriore reimpiego energetico, creativo e vitale? Le osservazioni che ho potuto fare negli anni a venire (2021…), da quando avevo individuato questi 11 passaggi, mi stanno dicendo di sì: il reimpiego energetico creativo e vitale può diventare sicuramente protagonista di vita.

A ciò avevo già aggiunto e ulteriormente oggi lo riconfermo, l’importanza che più familiari intraprendano tale strada micropsicoanalitica. Succede che la grave sintomatologia, si attutisca in uno ma continui ad esprimersi in altri, anche se, nelle mie osservazioni, talvolta in tono minore. La micropsicoanalisi dà conto dell’importanza del lavoro con più familiari e con lo stesso analista. Per quanto riguarda quindi il lavoro in oggetto, oggi (2021), riflettendo sul terreno psicobiologico familiare trattato in micropsicoanalisi, posso dire che, nel familiare gravato dalla stessa sintomatologia ossessiva con tendenze autodistruttive, oltre all’attutimento dell’impulso psicopatologico, ravviso anche un riconoscimento rapido cui subentra un apprendimento altrettanto rapido in quella che sto pensando come un’alleanza rappresentazionale-affettiva. Qui, aiutano tantissimo sia il ragionamento che approda a spiegazioni sia un nuovo tipo di colloquio con quei familiari primari con cui, a questo punto, si può parlare di tutto, anche di certi inesprimibile riconosciuti comuni, perché la difesa della negazione non ha più necessità di esistere come tentativo di evitamento di probabile angoscia.

Possiamo ora reinserire il tempo nella vita reale, attraverso una testimonianza come “esempio di creatività benessere, spontanea e vera”, donato all’analista come un piccolo scritto (Letto in chiusura relazione, al convegno IIM, Il tempo e l’inconscio, 2012). Siamo alla fine di un rappel chiesto dopo la morte del padre di cui viene subito evidenziata, come protagonista di vita, “l’eredità energetica con pregi e difetti, fatta di attività, risolutezza, potere benigno e ricerca d’interazione.”. In un rappel dopo la fine della sua analisi, la persona (una bravissima artista) lega in un continuum le “ricadute cicliche, che chiama scaramanticamente, malattia, eredità di antenati materni” al modo per uscirne. “Quando mi trovo nella condizione che porta al fallimento, scrive, sono consapevole di esserne io stessa causa col mio bagaglio e, per non soccombere, trovo una via d’uscita nella condizione di donna matura che gode di quotidiane piccole gioie. Svolgendo la ricerca genealogica, mi ero già resa conto che, ereditando il dolore, ne avevo ereditato la cura: creare forme artistiche con cui mi presento al mondo. Sono anche consapevole di aver avuto la forza e l’umiltà di cercare aiuto nell’analisi e che, con il metodo micropsicoanalitico, ho creato una possibilità di guarigione da un destino sfavorevole. Ho scelto la mia analista, dopo aver letto un suo articolo sull’imprinting. A volte si hanno delle intuizioni che portano sulla strada giusta. Il nuovo imprinting cambia le carte in gioco, del destino: un sentiero stretto e pericoloso può diventare un’agevole carreggiata. “Il discendente e l’antenato convivono”, diceva il prof. Nicola Peluffo nelle lezioni all’Università che seguivo; potrei allora persino assumere il ruolo attivo di realizzare desideri mai compiuti, nel destino avverso dei miei progenitori e, nel contempo, realizzare mie attuali e, finalmente riconosciute, aspirazioni personali. La morte di mio padre e il superamento del lutto, hanno rieditato in me caratteristiche già insite nel mio carattere di gioventù, che si erano dileguate dopo la menopausa. Questo stato di invecchiamento mi aveva riportato all’atteggiamento infantile di vittima passiva e timorosa, chiusa nella paura di esprimere i sentimenti, coperti da indifferenza. Posso dire ora di avere una certa fiducia nell’affrontare ciò che mi rimane da vivere con rinnovata energia e volontà.
Tale “narrazione” parla di consapevolezza e capacità adattiva. Lo sento come il frutto di un’interiorizzazione del lavoro analitico fatto di esperienza e teoria in cui l’analisi è sentita come “oggetto buono”. Morris Eagle (2012, p. 263) sintetizza: “Vi è una lenta trasformazione del modo in cui il terapeuta viene vissuto, da oggetto cattivo, incapace di offrire un rispecchiamento perfetto, a oggetto buono sentito come supportivo grazie a una comprensione sufficientemente buona e al legame empatico.”
In questa seduta, l’ho vista… perché esisto. Fin qui è stato solo un avere qualcuno accanto per sentirmi che esisto. In un sogno prendevo un bambino dall’alto e gli facevo toccare terra. Ecco ho toccato terra...”

Citazioni finali che parlano di relazione, classicamente e ai tempi nostri.

  • “Prima o poi, scrive Freud (1914, p. 455), bisogna ben cominciare ad amare per non ammalarsi”. “La teoria freudiana può essere intesa, scrive Eagle (2011, tr. 2012 p. 69), come una descrizione della lotta sostenuta dall’individuo per giungere all’oggetto reale e relazionarsi con esso nel mondo reale, invece di relazionarsi con un oggetto fantastico su di un palcoscenico immaginario”.
  • André Green (2011), cent’anni dopo, prosegue, approfondendo: “La fecondità di un lavoro creativo di scambio”, che genera “una trama di mutua risonanza”, (…) è da contrapporsi alla sterilità che non esce dai binari della coazione a ripetere”
  • Morris Eagle (2012, p. 332), includendo nell’“ideale illuministico del ‘conosci te stesso’, ‘conosci l’altro’ ”, sintetizza: “(…) l’obiettività su di sé e sull’altro può essere raggiunta soltanto entro un rapporto interpersonale di solidarietà”, che poggia, aggiungo io, come condizione sine qua non, su di una base di mutuo rispetto.
    Concludo, citando il clou di un affascinante libro di Giovanni Stanghellini (2017, p. 9): “Noi siamo un dialogo con l’alterità”. Dialogarvi con “metodo è il modo per ricondursi verso la vita buona e la salute, a patto, però, che si accetti il rischio di perdersi dialogando con l’alterità” (p. 9). “Tale rischio si vanifica, o sicuramente si alleggerisce, partendo dalla nostra alterità”, mi fa piacere aggiungere come completamento irrinunciabile! Un’alterità come ricchezza, elaborata con calma, accettata e infine condivisa”.

Daniela Gariglio, 5 maggio 2021

Bibliografia
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NOTE

i 1. Gariglio (1-4): 1.“La storia di Charlotte Salomon. Un tentativo di oltrepassare una trama familiare di morte, nell’incontro con la distruttività dell’Olocausto”. Psicoanalisi e Scienza, parte seconda: https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3618; 2. “Dal non tempo della fissazione al tempo reale vitale e creativo: possibilità di evoluzioni cliniche”, Convegno IIM Il tempo e l’inconscio (XIV Ed. Giornate Siciliane di Formazione Micropsicoanalitica, Capo d’Orlando, 16 e 17 novembre, in Settimana Internaz. della Ricerca, VI Ed. 2012). 3.“A proposito del mantenimento di un benessere: riflessione sulle nevrosi di fallimento e di destino trattate in analisi e cenni di osservazione in arte”, PeS https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/a-proposito-del-mantenimento-di-un-benessere-riflessione-sulle-nevrosi-di-fallimento-e-di-destino-trattate-in-analisi-e-cenni-di-osservazione-in-arte/3136/. 4. 8-11-2018. Trasformazioni nel processo trauma/adattamento-resilienza: un caso di nevrosi ossessiva, trattata in micropsicoanalisi”. In “Micropsicoanalisi: tecnica e pratica clinica”, workshop IIM, Bergamo Science Center 5-10.11.2018.

ii Nella recensione (17 ott. 2012) di Caligor E., Kernberg O.F., Clarkin J.F. Patologie della personalita’ di alto livello, Silvia Dioni e Gianluca Frazzoni, sottolineano il “processo di adattamento della persona al mondo esterno e alle pressioni esercitate dalle relazioni interpersonali quotidiane”. Ciò promuove una “teoria psicoanalitica ‘moderna’, non più attenta solo ai fenomeni intrapsichici e ai tratti stabili della personalità bensì consapevole del ruolo cruciale che le relazioni interpersonali attuali giocano nel determinare la sofferenza psicologica o, al contrario, il buon adattamento del paziente.”.

iii Sintetizzo qui i punti salienti dell’intero percorso, nei suoi due movimenti di andata e ritorno, di immersione e risalita: “verso l’atto creatore” dal conscio all’inconscio e “dell’atto creatore”, in seconda istanza, dallo psichismo alla realtà. Tale movimento psicobiologico può mettersi in moto dall’elaborazione di qualsiasi lutto per qualche perdita di oggetto, compresa la scomparsa di abitudini disattivatesi dall’elaborazione di quelle coazioni a ripetere ripresentatesi in analisi. Un lutto che non si fissa (per Freud, se si fissa, diventando senza tempo, è un lutto patologico), comporta l’accettazione del vuoto che se ne crea. Nelle nostre osservazioni, quando l’analizzato, superandone l’imprenscindibile reazione di angoscia, riesce a stare in questa situazione di vuoto, diciamo potenzialmente creatore, per citare Silvio Fanti, ciò può dar avvio a quel processo che abbiamo chiamato di “elaborazione ricombinativa”: una condensazione, nel preconscio (Cfr. anche Bolognini, 2008), di echi residuali di rimossi disattivati con tracce di benessere latenti, ripescate dall’inconscio. Ciò tesse, poco alla volta, un “oggetto psichico ricombinato”, che è psicobiologico, “perchè riguarda anche il corpo”(p.166) ma, soprattutto, se il movimento procede, è il preludio di un successivo manifestarsi di fenomeni di “creatività benessere” anche nella realtà, cioè oggetti reali ricombinati. Quando questo avviene si tratta di un’espressione di coerenza rappresentazionale-affettiva. Il soggetto crea nel benessere, accompagnando la rappresentazione che se ne fa con vissuti congrui di soddisfazione, distensione sessuo-aggressivo-creativa, nuove spinte alla relazione. Questa modellistica è sempre l’oggetto delle mie relazioni ai convegni IIM e relativa docenza.

iv Una bella definizione di benessere di Gabriella Mariotti, “Paura di guarire e paura del benessere: differenziare l’angoscia” (Gli Argonauti, n 134, 2012, p. 213-214): “Un pieno e consapevole godimento dell’armonia interna e del ventaglio di possibilità che questa apre (…) Ricreare questa possibilità all’interno della seduta è esperienza benefica per entrambi i membri della coppia analitica, e soprattutto per questi pazienti che vivono il benessere in quanto minaccia della loro stessa esistenza.”. E, nel suo bell’intervento al convegno (Il tempo e l’inconscio), Daniele La Barbera (“La vita simbolica e la patologia del tempo post-moderno”) ha parlato di “psicologia del profondo e biologia del profondo che danno vita al benessere psicobiologico.”

v Ho molto apprezzato il transgenerazionale, trattato da Roberto Cheloni, coraggioso Autore nel ripercorrere tutta una vita del suo approccio psicoanalitico, illuminato dall’interesse dell’aspetto transgenerazionale. La sua disanima mi è risuonata come un’opera preziosamente approcciabile, anche per quel suo addentrarsi nel “segreto generazionale” che circola spesso inconsciamente nelle famiglie, affrontando il problema di quel che Nicola Peluffo (1991), ci aveva già trasmesso come “inesprimibile genealogico”. Rimando ad Interviste all’Autore tra cui Luciana La Stella, dicembre 2020 e 10 Video Clip in You tube di Gerolamo Sirena (2020).