FREUD (1910) E L’IMMAGINE IN MICROPSICOANALISI: GUSTAV E ALMA MAHLER TRA PASSIONE E SOFFERENZA

Abstract (https://www.micropsicoanalisi.it/follie-damore-psicopatologia-della-vita-amorosa-2/)

Mahler si affida a Freud, nel 1910, in occasione di un’ingestibile pena d’amore, per la scoperta del tradimento della moglie Alma. Di questo prezioso incontro restano pochi frammenti di una lunga seduta che si svolge per lo più camminando insieme. Una testimonianza psicoanalitica della libertà con cui il Maestro, ancora tra ipnosi e seduzione, intuita l’ambivalenza passione/sofferenza di un copione edipico di coppia, ne inserisce l’interpretazione in un setting creatosi naturalmente dalle esigenze della situazione.

La seduta lunga, eccezionale nel setting psicoanalitico classico, è diventata l’asse portante della micropsicoanalisi con la sua nozione centrale di Immagine, che alterna il protagonismo delle tracce traumatiche- conflittuali con quelle di benessere (nello studio di Gariglio Lysek dove è stato osservato l’instaurarsi di un processo di elaborazione ricombinativa). Anche passione e sofferenza possono inserirsi in tale processo, che può trasformare il conflitto in condensazione di elementi inizialmente antitetici. Cenni di tale trasformazione nella clinica micropsicoanalitica.

 

PARTE PRIMA

La coppia distruttiva  

Mahler da Freud: un incontro fecondo

Nel corso degli anni, mi son trovata spesso a riflettere sul tema dell’aggressività di coppia, secondo certi dati che si sono via via palesati nel lavoro clinico. E qui e là mi sono imbattuta in qualche tentativo di rappresentazione artistica della solitudine di coppia in cui ciascuno è in contatto col proprio vuoto (emblematica l’incomunicabilità nei dipinti di Edward Hopper), o della fusione di coppia, confusa in uno stesso destino doloroso, come nell’emblematico quadro di S. Dalì[1] (Cannibalismo, 1936) che mi ha richiamato la legge del contrappasso con la corrispondenza pena-colpa. Nell’agghiacciante dipinto, una coppia, fusa nelle teste e nei corpi, si mangia a vicenda con tanto di posate, dando ragione agli assodati scientifici che hanno dimostrato come la coppia si scelga per uguaglianze/disuguaglianze. Intendo, cibarsi metaforicamente dell’altro/a, nel bene e nel male! E, a proposito di banchettare con una reciprocità di desideri/bisogni di vendette, mi è capitato di imbattermi nel film Mahler sul divano[2] che richiama l’incontro, nel 1910, di Freud con Mahler [3] il grande compositore che “preparò la transizione da Haydin, Mozart, Beethoven, Schubert e Brahms, il primo Istituto musicale di Vienna, a una nuova generazione di compositori, guidata da Arnold Schonberg (…), la seconda Scuola musicale di Vienna” (Kandel, 2012, p. 25). E qui, imbattendomi nel desiderio di dilatare quest’incontro… fecondo, mi ci immergo.

Mahler, cinquantenne in profonda crisi personale e di coppia, affidandosi a Freud, fa un po’ il punto con se stesso, stabilizzando (così pare) il matrimonio per l’ultimo anno di vita che si conclude comunque in un sanatorio di Vienna nel 1911, per una endocardite maligna, curata invano dal 1907. A riprova della ritrovata intesa, dopo il lungo colloquio con Freud (Cfr. seconda parte), pochi mesi prima di morire, Mahler invia un telegramma in versi alla moglie Alma, parlandole di “gioia” e di “dolore quasi svanito”. E nell’incompiuta (solo l’adagio iniziale in fa diesis maggiore) Decima Sinfonia a lei dedicata (ed esibita poi da Alma, nel suo salotto), vi si trovano abbozzate parole come: “Vivere per te! Per te morire, Almshi!”. Ascoltando questo adagio, vi si sente effettivamente meno tensione, forse per aver aderito, come si vede nel film, all’invito della moglie di farsi aiutare.  Riparlerò della questione tensione, nella seconda parte.

 

Il protagonismo della distruttività di coppia, anche in arte

Focalizzo ora il discorso su di una sottile forma di distruttività di coppia, al di là di quella visibilmente, sotto gli occhi dei riflettori (femminicidi, stupri, e quant’altro). Mi sto riferendo a certa aggressività spesso rimossa o negata che, in sintesi, riguarda l’impossibilità di uno star bene insieme come possiamo vedere, ad esempio, osservando le persone a struttura ossessiva, con le sue latenze omosessuali i cui meccanismi difensivi, negazione, isolamento, spostamento, rivolgimento all’incontrario, salvaguardano quel tabù del toccare che soddisfa la parte distruttiva della pulsione di morte-di vita (più Hopper che Dalì!). Queste persone, quando si accoppiano, lo fanno con strutture simili o per lo più, tendenzialmente isteriche, come si potrebbe ipotizzare, nel caso di Alma, cristallizzata in un nucleo fallico-edipico, coi relativi meccanismi di identificazione, proiezione e con continui disturbi di origine psicosomatica indecifrabile dai medici ma, per noi, tipica soddisfazione inconscia di un’immagine di colpa. Un rapporto, quello con il marito, di inseguimento-fuga. Queste coppie che, inconsciamente condividono matrici conflittuali o punti di fissazione psicobiologica, stando insieme, rinforzano a vicenda il personale sado-masochismo che ne viene soddisfatto con la riattualizzazione di situazioni distruttive che allontanano reciprocamente, inibendo qualsiasi forma di intesa o interrompendola subito. In questo modo, la relazione resta insoddisfacente, senza emozioni positive che tali strutture non reggono, pur desiderandolo inconsciamente, o negandolo. Resta l’isolamento, accompagnato da critiche e svalutazioni che rendono protagonista la disperazione e l’impossibilità che porta, come vedremo anche per la nostra coppia, a depressione e rabbia repressa.

Bene, Freud, nell’agosto 1910, in vacanza nella vecchia città di Leiden in Olanda prima di partire per la Sicilia, dopo diversi telegrammi di conferma e disdetta, ha capito che, come ci racconta Jones, nella biografia: “Mahler” sta soffrendo “di folie de doute a causa della sua nevrosi ossessiva”. Così, come follia d’amore, tema di un nostro Convegno (IIM 2017[4]), avevo preso a prestito la relazione di passione e sofferenza di questa coppia, sottolineandone subito la fluttuazione conflittuale anche nello stesso Mahler: “il più nervoso dei direttori d’orchestra italiani”, ne scrive Il Piccolo di Trieste (1905, cfr. Pavlović Milijana, 2008, p. 47), come da indicazione di Donald Mitchell[5] (1958) che si è interessato proprio alla fluttuante modalità di composizione, cogliendone la risonanza con la vita affettiva.

Alma, musicista di talento[6] viene descritta come la “donna più bella di Vienna”, tra le più vitali e attive del XX secolo (tre matrimoni, e diversi amanti, molti aborti e tre figli morti. Di lei si è detto che sentì la maternità in funzione dell’amore erotico); imbevuta delle dottrine di Nietzsche, non ha tempo che per superuomini, per fedeltà a un’immagine edipica paterna idealizzata cui accenneremo. Fascino e conflitto, si incontrano dunque nel salotto di Berta Zuckerkandl[7]  dove circola una originale e “vivace atmosfera interattiva” (Kandel 2012, p. 25) di scienza e arte. Dieci anni insieme, tribolati ma artisticamente fecondi, in risonanza con l’inquieto ma originale fervore dell’epoca di cui ha ampiamente parlato Erik Kandel (2012) che ne scrive in L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni (2012, pp. 25-26): “L’attività creativa nelle svariate arti (…), andava di pari passo con i progressi nella scienza e nella medicina, mentre l’ottimismo di cui erano portatrici le scienze fisiche, mediche e biologiche riempiva il vuoto creato da un declino della spiritualità. In effetti al volgere del secolo la vita viennese offriva nei salotti e nelle caffetterie numerose opportunità d’incontro per scienziati, artisti e scrittori in un’atmosfera che al tempo stesso era fonte d’ispirazione (…) e possibilità di dialogo. (…) Le teorie di Freud (…) e i dipinti di Klimt, Kokoschka (che, rinchiudendosi deluso, si costruisce una bambola con le fattezze di Alma) e Schiele  – i primi due frequentati e burrascosamente amati da Alma, prima dell’incontro con Mahler e dopo la sua morte – avevano in comune la capacità di penetrare nella natura della vita istintuale dell’uomo. Tra il 1890 e il 1918, le intuizioni a proposito dell’irrazionalità della vita quotidiana contribuirono a fare di Vienna il centro del pensiero e della cultura modernista”, che consente i matrimoni tra cristiani ed ebrei.

Mahler, nato da famiglia ebrea, a 37 anni, è costretto a diventare cattolico, per assumere la posizione musicale più prestigiosa dell’Impero austriaco: direttore della Imperial Regia Opera di Corte e  poiché si tratta di un “ufficio imperiale”, l’incaricato non può essere di religione ebraica. Dicevo come Mitchell, cogliendo l’agnosticismo rimasto comunque nella musica di Mahler, abbia evidenziato la presenza di ricombinazioni dello spirito e stile ebraici (come l’uso di temi in stile Klezmer) con elementi naturalistici, panteistici (I movimento della Sinfonia n. 3, una sorta di marcia per il risveglio del dio Pan o della Natura) e non confessionali, reminiscenze dello Zaratustra di Nietzsche (nel IV movimento), con elementi cattolici (come l’inno cattolico: Veni creator spiritus, nella prima parte della sua Ottava Sinfonia, Dei Mille, dedicata alla moglie Alma, prima esecuzione, Monaco, 1910), congiuntamente alle scene faustiane della seconda parte[8]. Ritornerò ancora sul senso profondo della ricombinazione in Mahler, quando, nella seconda parte di questo lavoro, parleremo del calo di tensione che avviene nel processo di elaborazione ricombinativa.

Questo, intanto, lo spirito dell’epoca ricco di incontri artistici e originalità. Tuttavia, alcune immagini conflittuali e traumatiche, nella psiche di questa coppia, costituiranno un freno inconscio a gioire della reciproca originalità artistica, in accordo con i tempi nuovi. Sappiamo il primariato della struttura psicobiologica, anche se all’ambiente è ammessa una certa influenza nella creazione di benessere, conflitto e trauma. Psicoanaliticamente parlando, la traccia di questa relazione di passione e sofferenza contro se stessi e a reciproco danno dell’altro è impressa in pochi frammenti di un’unica lunga seduta (1910) di Freud con il musicista in crisi coniugale. Alma lo sta tradendo ma, secondo la ricostruzione di Freud, la causa va ricercata nelle reciproche infanzie.

 

Mahler e Alma: specificità, intrecci e riedizioni

Mahler, che si presenta con poche storie d’amore prima di incontrare Alma (aspetto oggi smentito, come si è detto in un recente studio presentato a Dobbiaco), nasce in Boemia nel 1860 da una famiglia di origine ebraica di lingua tedesca, dilaniata da continui litigi che espongono Gustav alla visione contemporanea della sofferenza materna e della violenza paterna che, pur deprecata, metterà anche lui, subdolamente in atto con la propria moglie. Ciononostante, Mahler si sente anche aiutato da quel padre violinista autodidatta che, nel 1875, riesce a farlo ammettere al conservatorio di Vienna, frequentato per tre anni dove ottiene consensi e gelosie, probabilmente a causa di quel brutto carattere, probabile immagine dell’autoritarismo paterno, scolpita nel suo psichismo. Per esperienza clinica, ribadisco che il sadomasochismo di coppia, respirato dai figli ma subito e sottaciuto dal gruppo familiare, abbisogna di un lungo lavoro psicoanalitico, trattandosi spesso, anche, della ripetizione di un peso ereditato. Dopo la morte dei genitori (1889), Gustav accudisce i fratelli rimasti in vita, insieme alla sorella Justine, possessiva e gelosa delle prime relazioni amorose che ne sono sempre troncate. Freud (1912, Opere. Vol 6, p. 422) parlerebbe qui di una “fissazione incestuosa alla madre e sorella che non è stata superata”. Mahler, si sgancia infine dalla sorella, appena conosciuta la sua giovane Alma, compositrice.

Alma Schindler, nata a Vienna nel 1879, nonostante la morte precoce del padre, cresce in un ambiente artistico molto stimolante, accentuato dal secondo matrimonio di sua madre con il famoso Carl Moll, uno dei padri fondatori della Secessione viennese di cui conosce i più grandi artisti fra cui Gustav Klimt, il primo dei suoi amanti che la madre le impedisce di frequentare. E quando, nel 1902, sposa Mahler, di vent’anni più vecchio, porta in sé l’impronta di un Edipo idealizzato di cui lascia traccia, già dall’inizio della sua biografia (1960, pp. 19-26, tradotto nel 2012); “Sono la figlia di un grande monumento (…). Mio padre, Emil J. Schindler[9] il modello della mia infanzia, il rampollo di un’antica famiglia nobile (…) era un essere geniale. (…). Mia madre proveniva dalla piccola borghesia di Amburgo, e cercava di conquistare ciò che mio padre aveva nel sangue. (..). Vivevo come una principessa in mezzo a una natura bellissima (…)  Per conoscere la natura dell’Austria, basta vedere i quadri di mio padre… solo così la si comprende a fondo. (…) Mio padre era molto dotato per la musica. Aveva una voce meravigliosa, tenorile e cantava con grande bravura i Lieder di Schumann e cose simili. Il suo modo di conversare era affascinante e mai banale. Stavo con lui ore intere e, in piedi, fissavo la mano rivelatrice che muoveva il pennello. (…) Mio padre mi prendeva sempre sul serio…”. Con la morte improvvisa del padre, Alma prova “un terribile sgomento e la coscienza di aver perduto quanto avevo di meglio nella vita .(…) Mio padre morto nella cassa posata per terra, era bello e nobile come un greco (…) Sentivo sempre di più di aver perduto quella che era stata la mia guida, la mia stella polare, senza che lo avesse mai intuito nessuno, se non mio padre stesso. Mi ero abituata a fare tutto per piacergli, tutta la mia vanità e ambizione avevano avuto come unica soddisfazione lo sguardo dei suoi occhi comprensivi. (…) Gli fu dedicato un monumento bellissimo, romantico. (…) ero quasi svenuta quando la cerimonia ebbe termine…”. Potremmo parlare di innamoramento come beanza nostalgica di un inconscio desiderio d’incesto

Sarà forse per questa fissazione edipica che Alma, come condizione per essere sposata, accetta quel contratto, impostole sadicamente da Mahler che, con quella sua “intensa aura introspettiva” si mostra come una persona da proteggere: Alma dovrà rinunciare a continuare a comporre, lei brava pianista e compositrice molto prolifica fino a vent’anni, con grandi aspirazioni e aspettative con il sogno di far il direttore d’orchestra. “Alma lo accetta ma consuma in silenzio la sua vendetta, scrive Leonetta Bentivoglio, nella Prefazione (pp. 5-13) al libro scritto da Alma, La mia vita (1960, tr. it. 2012). Verso di lui coltiva un conflitto estenuante e molto contradditorio, pronto a tradursi in repentina adorazione: “Ho l’impressione che mi abbiano tagliato le ali  – Io vivo solo per lui”. Dopo anni di depressione e angosce che l’abbattono anche fisicamente, si vendica nel modo più tradizionale, tradendo il marito con il giovane e brillante architetto Walter Gropius. Così, “trasformandosi da vinta e dominata a vincitrice (…) gli imporrà persino l’umiliazione di incontrare l’amante” (è risaputo come, nella coppia sadomasochista, si alterni il protagonismo del sadismo e masochismo). Qui, “Mahler, per la prima volta si degnerà di suonare i Lieder giovanili di Alma”, sempre sminuiti, fingendo di “dichiarandosene entusiasta e incitandola a tornare a comporre. Ma (…) la relazione ormai è bruciata.”. Alma, mentre procrea due figli e spartisce con Mahler il lutto per la morte, nel 1907, di Maria Anna (detta Putzi, che morì a quattro anni di difterite nel corso delle vacanze estive a Maiernigg, il che contribuì a far diagnosticare a Mahler una malattia cardiaca. Altri due figli le moriranno, nei successivi matrimoni), funge da scrivana della musica di Mahler (che solo nel periodo estivo si dedica alla composizione) il quale, grazie alla “forza propulsiva” della moglie, trova in Alma, descritta da Bentivoglio come “guerriera dello spirito, abile stimolatrice dell’inconscio e “determinatissima esploratrice di intelligenze” (per qualche biografo, manifestazione del suo esibizionismo narcisistico) nutrimento e forza, al punto da lamentarsi “di non riuscire a scrivere musica se lei non gli è vicina” e, nei primi cinque anni di matrimonio, compone 4 immense sinfonie (la Quinta, la Sesta, la Settima e l’Ottava) più il Canto della Terra. 

Dunque, quella moglie affascinante e brillante nei salotti ma “dea infedele, impietosa ed arrogante, irresistibile e vorace” (ibidem, p. 6), troppo esuberante e protagonista, non è congrua con l’immagine della madre sofferente[10] e quel marito di vent’anni più anziano, ha l’età dell’amatissimo padre. Tra di loro, il tabù dell’incesto che, mascherandone il desiderio, rende impossibili o insoddisfacenti rapporti genitali adulti che, per Freud (1912, Opere, Vol. 6, p. 427), “armonizzano reciprocamente la corrente di tenerezza e quella sensuale (…) come accade, aggiunge Freud, solo in una minoranza delle persone colte[11]”. Questa “mancata fusione nella vita amorosa” (p. 425) delle due correnti, può anche spiegare l’impotenza di Mahler, a un certo punto del matrimonio e il tradimento di Alma con il giovane amante che, in una sorta di lapsus, scrisse l’indirizzo di Mahler in una lettera per lei. Nel film Mahler sul divano, si vede l’angoscia e la gelosia di Mahler nell’aprire la lettera appassionata. Seguono scene di lacrime e accuse di Alma, la cui disperazione riaccende nel marito desideri persi (assomiglia qui alla madre sofferente!) ma l’impotenza ormai è protagonista. Dopo “lettere deliranti di amore furioso, implorandola a restare”, Mahler va da Freud, scrivendo alla moglie lettere infuocate durante il viaggio.

 

PARTE SECONDA

Freud, Mahler-Alma e il “processo di elaborazione ricombinativa 

Gustav Mahler e l’incontro con Freud (1910):

Di tale incontro restano frammenti, poche righe di Mahler alla moglie il 4 settembre 1910, ciò che ne ha scritto nella biografia del marito Alma stessa, nel capitolo 10. “Estate, 1910” (1960, p. 169)”, una lettera del 1935 scritta da Freud a Theodor Reik (The Haunthing Melody, 1953) che stava lavorando su Mahler e ciò che ne narra Jones, nella biografia di Freud dove ha inserito il racconto di Marie Bonaparte che conosceva il caso da Freud stesso. Oggi sono disponibili molti materiali, anche testi teatrali. Nella prima parte, ho già accennato al lavoro di Donald Mitchell (1958) che rileva “i violenti contrasti della musica” di Mahler: un’oscillazione continua tra leggerezza (con organetto, ghironde, valzerini, filastrocche etc, chiamato anche, in un articolo “amalgama di suoni nuovi”, in Pavlović Milijana, 2010, p. 76 ) e suoni profondi (con Inni solenni e marce funebre, come nella V Sinfonia[12] con l’ aulico precipitare nella disperazione ed un uscirne (cfr. parte seconda e terza, Scherzo e Adagetto – che mi hanno richiamato l’immagine fotografata della scia luminosa lasciata da una stella fagocitata dal Buco nero). Un’ambivalenza interpretata, nel tempo, come “tensione malcompresa”, “incapacità a mantenere l’ispirazione”, oppure come “un conflitto tra la tirannia del dirigere e la spinta a comporre”, o ancora “una musica che rispecchia le tensioni sociali della sua epoca” e sentita anche dallo stesso Mahler come “una disabilità… nobili passaggi … rovinati dall’intrusione di una qualche melodia ordinaria”. In realtà, per Mitchell, questa tensione “è di base”, potremmo oggi dire un imprinting (Cfr. Gariglio 1992/1997, Bollettino IIM)  infantile attestato da Freud che induce Mahler ad alcune dolorose constatazioni[13] come emerge da una “lunga lettera del Maestro alla sua ex allieva Marie Bonaparte, scritta a molti anni di distanza dai fatti narrati e riportati nelle sue Mémoires in cui la principessa sottolinea anche: “l’affascinante quadro di affinità profonde”, tra due eccellenze che si stimano e capiscono, per la condivisione dello “stesso back-ground socio-economico, storico e culturale: una congruenza cognitiva che facilitò un’intesa immediata[14]”.

Intanto, Gustav Mahler è uno dei “25 pazienti che hanno lasciato un ricordo della loro analisi con Freud”, ciò che Lucilla Albano (1987, p. 12) ha chiamato “la quarta storia, la meno praticata e la meno studiata” del rapporto analitico con le sue prime storie che riguardano i contenuti portati dall’analizzato durante le sedute, le ricostruzioni, interpretazioni e stesura del caso clinico da parte dello psicoanalista, oggi abituato alla spontanea convivenza con l’interesse (clinico e reale. Cfr. Gariglio, 2017 e 2020) per il proprio controtransfert (Cfr. anche, il dolore dell’analista in M. Adelaide Lupinacci e altri, 2015). Via via, queste quarte storie hanno messo in luce un Freud diverso: nel caso di Mahler, una testimonianza psicoanalitica della libertà del Maestro[15] (ancora tra ipnosi e seduzione) e della capacità di sentire subito l’ambivalenza passione/sofferenza, cogliendone il copione edipico di coppia, che dà conto, come dicevo, dell’oppositività allo stare bene, frenando un naturale lasciarsi andare a godere lo spirito invitante dell’epoca che, lì, per l’appunto, premiava l’originalità.

In breve, nel corso di un colloquio di 4 ore, in realtà, una passeggiata per la città, Freud rassicura Mahler che la sua età non è un ostacolo perché, anzi, Alma cerca in lui, istintivamente, quel padre perduto troppo presto, così come lui, d’altra parte, ha cercato la propria madre Maria, nella moglie Alma Maria, che egli chiama a volte solo Maria, ipotizzando che Mahler sia affetto dal cosiddetto “complesso della Vergine Maria” (fissazione all’immagine della madre). Secondo quanto ne dice Freud, Mahler rispose di sì.

 

Seduta lunga ed Immagine

Con l’esperienza di queste due nozioni, ho subito pensato a questa lunga seduta del 1910 come alla condensazione dei temi fondamentali che ascoltiamo nelle nostre prime sedute lunghe[16], strumento fondamentale dell’intervento micropsicoanalitico in cui agisce l’Immagine[17] con le sue sfaccettature che saranno via via riconosciute ed elaborate nel corso dell’intera analisi. In chiusura, ne porterò due sommarie esemplificazioni che sottolineano come, dal ritiro delle proiezioni, il rapporto transferale-controtransferale si attesti consapevolmente proprio sul dialogo[18] con qualche sfaccettatura analista-analizzato dell’Immagine. Queste, nel campo analitico, si incontrano inconsciamente sotto forma di “desideri contemporanei comuni” (Peluffo, 2006). E, a proposito dell’Immagine, investigata classicamente come traccia di esperienze conflittuali-traumatiche (sul Trauma, vedi ad es. Tartari, 2016, https://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/6946 ) che si riproducono in modo coatto, anche nel corso di più generazioni, rimando alla ricontestualizzazione che ne abbiamo fatta con il collega Daniel Lysek (Cfr. 2007, https://www.psicoanalisi.it/libri/creativita-benessere-movimenti-creativi-in-analisi-di-daniela-gariglio-e-daniel-lysek/3605/) e a diversi altri miei lavori[19]. Per quanto riguarda la modellistica di base, un lungo lavoro di osservazione sulla creatività benessere, attraverso lo studio dei Movimenti creativi in analisi, ci ha guidato ad allargare il campo psicopatologico di osservazione delle sfaccettature dell’Immagine, studiandone l’agire di quelle legate anche alla vita, come serbatoio resiliente di tracce di benessere onto-filogenetiche, latenti nell’inconscio in attesa di essere riportate alla luce tutte le volte in cui un rimosso è stato disattivato ridando plasticità alle istanze psichiche, irrigidite nelle coazioni a ripetere. Per questo, mi sono appoggiata allo straordinario incontro di Mahler con Freud: volevo allargare il discorso al ruolo dell’Immagine in micropsicoanalisi secondo un continuum vita-morte-vita che fa uscire dal conflitto e spinge verso la sinergia che concilia opposte tendenze. Così, nel corso di una micropsicoanalisi è molto interessante seguire il processo che ho legato al binomio trauma-adattamento-resilienza (Cfr. Gariglio 2019-2020, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/arte-tra-trauma-resilienza-e-benessere-parte-prima/205829/2020 e, in (a cura di) Peirone, 2020, pp. 297-321)  in cui si assiste alla graduale tessitura di una trasformazione (Gariglio, Lysek, 2009, https://www.micropsicoanalisi.it/sviluppo-creativita-possibile-trasformazione-dellaggressivita-nel-corso-micropsicoanalisi/), dalle sfaccettature classiche dell’Immagine, con la registrazione di aspetti conflittuali-traumatici a sfaccettature di benessere, legate ad esempio, a temi familiari latenti energeticamente o a esperienze legate alla vita, all’adattamento, alla distensione, alla soddisfazione, alla relazione. Le due categorie di immagini, a partire da quelle di benessere, fagocitate nell’inconscio dal protagonismo delle tracce conflittuali-traumatiche con la loro maggiore vibrazione legata alla parte distruttiva della pulsione di morte-di vita, nel preconscio, possono invece incontrarsi, in una condensazione che ne alterna i protagonismi. E richiamo quel processo che abbiamo chiamato (2007, pp. 48-53) “elaborazione ricombinativa” in cui i residui di tracce traumatiche (nella realtà, spesso inestinguibili), già disenergizzate nel lavoro analitico, possono creare una nuova impostazione di pensiero e, successivamente di vita, quando si incontrino con qualche traccia di appaganti memorie di serenità. Possiamo aggiungere che, in qualsiasi fase di sviluppo, a partire dall’esperienza di gravidanza possono esserci momenti di tranquillità che si alternano con momenti drammatici[20]che, ovviamente, hanno il sopravvento nell’organizzazione dell’imprinting come induttore associativo delle ripetizioni psichiche e reali. Ne sto portando diversi esempi nella docenza all’Università di Psicoanalisi di Mosca che collabora stabilmente con l’IIM, rimandando ai numerosi altri scritti a tal riguardo[21].

 

La ricombinazione in Mahler

Ho già accennato come anche la musica di Mahler sia ricca di ricombinazioni. In realtà, ora possiamo vederlo come un compendio di esperienze di entrambe le tracce, come lui stesso narrò a Freud, nel corso della seduta; Mitchell, ringraziando[22]Jones (1955, pp. 88-89), lo puntualizza, rilevando nell’abitudine alla ricombinazione, la matrice di un conflitto infantile, svelata a Freud. Ne scrive anche Lucilla Albano (p. 35): fu senza dubbio durante queste “spedizioni altamente interessanti attraverso la storia della sua vita” che Mahler, “improvvisamente capì perché la sua musica non era mai riuscita ad arrivare al livello più alto attraverso nobili passaggi, quelli ispirati dalle più profonde emozioni, essendo rovinati dall’intrusione di una qualche melodia banale”.

Ecco, in sintesi, l’episodio infantile venutogli in mente, durante l’incontro con Freud: in un’occasione in cui suo padre, come al solito, aveva trattato la moglie molto brutalmente, il bimbo, angosciato, si precipita fuori casa dove si imbatte “in una pianola che sta strimpellando un’aria popolare viennese, Ach, Du lieber Augustin  (Tu, caro Agostino). Da allora, ricostruisce Mahler, “profonda tragedia e divertimento spensierato” rimarranno “inscindibilmente associati nella sua mente e ciascuno dei due stati si accompagna inevitabilmente all’altro”. (Siamo in presenza di una condensazione che, nella nostra modellistica, riporta al processo di elaborazione ricombinativa). “Forse, scrive Mitchell[23], la conseguenza musicale più significativa del trauma infantile di Mahler era questo: la sua esperienza infelice significava che la ghironda – il simbolo dell’ordinario – aveva assunto un peso nuovo. La congiunzione dell’alta tragedia e dell’ordinario significarono che l’ordinario medesimo, nel giusto contesto, poteva essere usato come un nuovo mezzo di espressione; e qui Mahler fu precursore di una grande tendenza dell’arte del XX secolo, non solo in musica, ma anche nelle arti letterarie e visive.” (ascoltare il terzo movimento della prima sinfonia, Sinfonia n. 1. Frère Jacques (Fra Martino…): Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen).

Quindi, nella vita di Mahler ci sono sicuramente aspetti traumatici ma vi ho anche rilevato aspetti da cui si possono ricavare l’esistenza di tracce di benessere come l’aiuto datogli dal padre cui ho accennato e dal maestro della corale infantile che gli ha insegnato a suonare il pianoforte, per non parlare della fortuna di essere nato con un talento naturale. È questo che ha potuto ricombinarsi ed elaborarsi, dopo il lavoro con Freud, inserendosi in un nuovo momento di rapporto con Alma? Tuttavia, vista la struttura ossessiva di Mahler, quel benessere acquisito si sarebbe mantenuto o dissipato[24]?  Sicuramente, il nostro Compositore è, almeno, morto un po’ più disteso…

                                                                        

Due inserti clinici micropsicoanalitici

Termino con l’accenno a due esempi, tratti da lavori micropsicoanalitici che dimostrano come la variazione delle sfaccettature dell’Immagine, abbia trasformato le coazioni sadomasochistiche in relazioni più equilibrate e sane, con le proprie istanze e con gli altri.

Nel primo caso, segnalo un’attuale quarta storia, rielaborata come scrittura creativa[25], di una persona che ha narrato il piacere di utilizzare la propria tensione per tessere, prioritariamente, momenti di gradevolezza personale e relazioni affettive: “(…) Sto andando spontaneamente alla ricerca delle mie parti positive e vitali, traendo dall’inconscio la spinta energetica per la creazione di nuovi spazi d’espressione e di relazione.”. 

Il secondo esempio riguarda quei punti di fissazione della coppia intrecciata in un sadomasochismo (Cfr. quadro di S. Dalì, citato). Porto all’attenzione il materiale di due coniugi. Nel rispettivo lavoro micropsicoanalitico individuale, si palesò una comune spinta inconscia al ricrearsi sofferenza. La ripetizione diabolica poteva aver poggiato su un comune imprinting di nascita: l’esperienza di una resistenza ad uscire dall’utero: entrambi, feti molto grossi, all’atto della nascita, si erano trovati attorcigliati al proprio cordone ombelicale, come attestato dagli ostetrici del parto. Si può dire che la loro unione avesse soddisfatta la traccia della difficoltà a separarsi[26], per un cambio di status? Cercatisi da inconsce affinità, o da “comuni desideri”, direbbe Nicola Peluffo (2006), si erano ancora una volta, autolegati, ma insieme. Nel tempo, elaborata anche la riattualizzazione di “attorcigliamenti associativi” nella dinamica transferale controtransferale, fu poi possibile, per entrambi, poter impostare singoli nuovi tentativi. Da un punto di vista della coppia, dopo anni di litigi e vessazioni, si può dire che entrambi siano riemersi dalla comune fissazione che li aveva uniti in questa riattualizzazione di coazione a ripetere. Dissoltosi, anche nella relazione abitudinaria il rivissuto negativo, restò, in entrambi e nella comune consapevolezza, solo la rappresentazione di una comune immagine traumatica disattivatasi. Di lì, riemersero dalle singole latenze immagini nuove, onto-filogenetiche (proprie del terreno psicobiologico familiare – antenati o parenti ancora vivi – ), come stima, rispetto e dolcezza: tutte risorse resilienti di terreno e, dunque, patrimonio vitale slatentizzabile, qui slatentizzatosi e instradatosi a porsi come nuovo induttore associativo.

In generale, quelle esplorazioni individuali che, messo il dito su traumi, portano alla successiva riconciliazione anche con i residui di tali contenziosi, con la definitiva stabilizzazione di un’affettuosa interazione di stima e solidarietà, possono favorire nella coppia pregressa un cammino anche verso un eros benefico. Con il raggiungimento di un’appagante espressione libidica spontanea, le due correnti freudiane, tenerezza e sensualità (vedi nota 11), condite da momenti di allegria (questo, come mia aggiunta), si appaiano. In tal caso, possiamo dire che la coppia si stia veramente sentendo come nuova. In un inciso, traendolo dall’esperienza clinico-psicoanalitica, anche quando i partner (uno o entrambi) di una coppia rimessasi a nuovo, nel loro vivere (a posteriori dall’analisi), non hanno più sentito attrazione reciproca (non solo sessuale), nel loro rapporto formatosi sulla base di qualche nuova sfaccettatura comune dell’Immagine, si è comunque mantenuto il benessere della scoperta di un muoversi sinergico, facendo cioè cose piacevoli insieme, con la creazione di fonti di soddisfazione non solo individuale.

Potremmo chiederci se, questi sporadici casi possano comunque portare salute e nutrimento a questa nostra terra così attratta dal conflitto e avida dell’odore mortifero dei traumi? Potremmo credere che, se un siffatto rivolgimento, ottenuto peraltro con la serietà e la fatica di approfonditi lavori su se stessi (ambiti ormai da pochi), avesse a generalizzarsi, potrebbe cambiare le sorti del pianeta, oggi invaso e vessato da un ospite invisibile, spesso mortale, che ci fa scontrare l’un l’altro, mentre tutti tentiamo di difendercene? In un libro collettaneo sull’attuale pandemia, avevo per l’appunto sintetizzato un mio corposo e approfondito contributo (Gariglio, 2020, pp. 297-321): “Ad ogni buon conto, concludevo, ogni incontro-scontro può mettere in moto tentativi di ridefinizione sinergica”. Francamente, penso che di più non ci sia dato. E poiché personalmente ne sento la ricchezza, almeno per quanto mi riguarda, continuerò a spendermi in tal senso.

                                                                                               Daniela Gariglio (28 ottobre, 2020)      

APPENDICE: si veda il seguente link:

APPENDICE, IN MERITO ALL’INCONTRO FREUD-MAHLER

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NOTE:

[1] S.Dalì (1936 –Tate Gallery (London, United Kingdom)), Autunno cannibalismo. Leonetta Bentivoglio (2012, Alma Mahler), lo descrive come “immagine impressionante” di “un macabro banchetto” di coppia con le “posate” che “si stanno penetrando le membra”.

[2] Mahler auf der Couch (Mahler sul divano), Centro Sereno Regis  (Torino, 8 aprile, 2017, Arte e Psicologia, sez. piemontese).

[3] I contributi alla biografia di Mahler ci sono dati dalla moglie Alma e dall’amica Natalie Bauer-Lechner, un’amica fedelissima di cui Mahler non ricambiò i sentimenti. Pur allontanata dopo il matrimonio da Alma, è una testimonianza preziosa e obiettiva del carattere di Mahler (tra il 1890 e il 1900, tra cui un viaggio insieme a Venezia). Il biografo e musicologo Henry-Louis de La Grange ha dedicato gran parte della sua vita a raccogliere materiale su di lui e a riportare la storia della sua vita su dei libri. Ho trovato una affascinante tesi di dottorato di Pavlović Milijana  (2006-2008): Mahler e l’Italia. Episodi biografici e processo creativo. Ringrazio il Dottor Gabriele Maritano e le colleghe Anna Gogliani e Manuela Tartari (cara amica recentemente spentasi a Torino) di avermi messo in contatto con alcuni materiali.

[4] Convegno Follie d’amore – Psicopatologia della vita amorosa, IIM (XIX Ed. Giornate siciliane di formazione micropsicoanalitica), Università degli Studi di Messina. Centro Studi di Filosofia della Complessità “Edgar Morin” (XI Ed. Settimana Internazionale della Ricerca), IIM Capo D’Orlando, 13 – 14 ottobre 2017 (Cfr. sito IIM, Read more). 

[5] Mitchell, D. Mahler e Freud: “Questo scritto è pubblicato originariamente in Accordo e Disaccordo” 2 (8): 63-68, 1958. È riprodotto qui con gentile concessione del Sig. Charles Eble della Bruckner Society americana. Come puntualizzato dall’ autore, questo è un copione, non un articolo. Decidiamo di mantenerlo fedele a quella tipologia nella nostra riproduzione per Naturlaut. In una Nota, Mitchlel scrive: “Questo è un copione, non un articolo. Fu inizialmente trasmesso nel Third Programme della BBC il marzo 1955. Non ho cercato di alterare il testo ma ho sostituito la parte musicale (estratti dalle realizzazioni delle sinfonie di Mahler) con riferimenti dettagliati a brani rilevanti. Il lettore sufficientemente interessato può controllare i passaggi coinvolti. I brani usati qui sono edizioni “studio” pubblicati da: Messrs Universal Edition (SI, SIII). Messer. C.F. Peters (SV). Messer. Bote and Bock (SVII). (Cfr. Mitchell, Donald Gustav Mahler, Vol. 3: Songs and Symphonies of Life and Death: Interpretations and Annotations. Faber, 1985.). Ringrazio la Prof. ssa Laura Siccardi, cara amica, per la collaborazione alla traduzione in italiano di questo e altri lavori.

[6] La produzione musicale di Alma Mahler Schindler è costituita da 14 Lieder, divisi in tre raccolte. Riguardo alla vita di Alma Mahler sono stati girati due film, Bride of the Wind, diretto da Bruce Beresford, del 2001, e Alma Mahler, film Tv del 2001.

[7] Scrive Kandel (2012, cap. 4): “Berta fu tra i primi ad acquistare due teste scolpite da Franz Xaver Messerschmidt, un artista che era un secolo avanti ai suoi contemporanei nell’uso dell’esagerazione psicologica come mezzo per rivelare gli stati mentali” (p. 44).

[8] La valutazione della sua produzione come compositore incorre in pregiudizi e incomprensioni e, solo dopo il secondo conflitto mondiale, viene riconosciuto il suo apporto al rinnovamento del linguaggio musicale

[9] Jones, in una nota, scrive che, in tedesco, “pittore”, si dice “Maler”.

[10] Ho pensato, già guardando il film “Mahler sul divano” che, se Mahler è stato attratto dall’appassionata Alma, da qualche parte del suo psichismo, ci sia stata, anche, questa immagine di donna, purtroppo fagocitata dall’immagine, traumatica e protagonista, della propria madre Maria, brutalizzata dal padre. A dire che, quando viene tradita l’immagine dominante, le si sottrae la richiesta fedeltà.

[11] Al termine “cultura”, oggi, personalmente, sostituisco quello di “analisi riuscita” in cui è visibile la raggiunta integrazione affetto-rappresentazione.

[12] All’inizio del matrimonio, utilizzata nel film Morte a Venezia (1971) di Luchino Visconti.

[13] Anche il Dottor Marcello Pedretti (già Presidente di Arte e Psicologia, sez. torinese), in occasione della presentazione del film Mahler sul divano (cfr. nota 2 e 10), ci aveva rimandato: “Freud riuscirà con Mahler a ricostruire una storia dotata di senso, aiutandolo a integrare ricordi cancellati e a vedere aspetti di sé insufficientemente valutati, e a comprendere e accettare il comportamento della moglie ponendo le basi per la ricostruzione del rapporto tra di loro.”

[14] Anche Kandel (2012, p. 25) riporta che Freud (1922, Due voci di enciclopedia, Psicoanalisi. Opere, vol. IX, pp. 453-454), riconosce a Mahler di essere un “nevrotico di grande valore”, scrivendo: “Non sarebbe economico sperperare tante risorse  (della psicoanalisi) a favore di persone del tutto indegne, a cui accade di essere nevrotiche.”

[15] Nella maggior parte dei racconti (“le quarte storie”, Albano, 1987) dei pazienti che ne hanno parlato, al di là del grande prestigio scientifico, emerge una qualità personale di cui Massimo Ammaniti in una presentazione scrive: “un Freud molto più aperto ed accogliente di quanto la neutralità psicoanalitica lo potesse caratterizzare. Ed è vivo in tutti i pazienti il riconoscimento della figura autorevole e rassicurante di Freud, non solo influenzata dalla sua fama e dal suo grande prestigio scientifico ma soprattutto dalle sue qualità personali di estrema attenzione ed interesse per quello che i pazienti esprimevano, soprattutto le loro sofferenze”.

[16] Dal sito dell’IIM: “La seduta lunga, permette di osservare un fenomeno caratteristico delle libere associazioni, che è stato definito “sovradeterminazione…”. Vedi anche Nicola Peluffo (2012 e 2017: Premessa alla ricerca del 1968 in “Appunti sul pensiero creativo”  http://www.psicoanalisi.it/editoriale/7342). Vedi anche Daniela Vigna, 1990.

[17] Dal sito IIM: “Unitamente agli scritti di Silvio Fanti, Pierre Codoni e Daniel Lysek, quale il Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi, Borla, Roma, 1984” rimando al lavoro di Nicola Peluffo, Immagine e fotografia (Borla, Roma, 1984) e colleghi “per specificare uno dei concetti chiave della micropsicoanalisi: quello di Immagine, “Insieme geneticamente organizzato delle rappresentazioni ed affetti che strutturano l’inconscio a partire dall’Es”. Nel tempo, ne ho apportato innumerevoli esempi clinici.

[18] Il che è, in sintesi, il mio modo attuale di rappresentare/trasmettere l’iter psicoanalitico-micropsicoanalitico.

[19] Riferendomi a quelli scaricabili (Cfr. ad es. Gariglio 2007-2020 in Psicoanalisi e Scienza, rivista multimediale, diretta dal Dottor  Quirino Zangrilli), ne segnalo tre che danno conto del discorso in atto: 1. 2010, “Parlando di creatività benessere, in particolare nella relazione analitica” (https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/parlando-di-creativita-benessere-in-particolare-nella-relazione-analitica-parte-prima/4076/), 2. 2014, “Creatività come benessere psicobiologico nella formazione psicoanalitica(https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/creativita-come-benessere-psicobiologico-formazione-psicoanalitica/5930/ ), 3. 2015, “La narrazione del processo di elaborazione ricombinativa” (http://www.psicoanalisi.it/tag/benessere-psicobiologico ).

[20] Quirino Zangrilli ed Ulriich Honemeyer (2012), Vita fetale e destino umano. Conferenza sullo psichismo fetale e le sue ripercussioni. Introduce: Bruna Marzi, Le Conferenze di Bergamo Scienza. Cfr. anche Lysek (2019, tre parti: https://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/alcuni-effetti-dei-vissuti-del-feto-sulla-vita-adulta-prima-parte/204238/ ).

[21] Ad es. cfr., Gariglio in: Anamorphosis (2009-2015), a cura di Wilma Scategni e Stefano Cavalitto, o in partecipazione a Convegni IIM (vedi anche Bollettino IIM, 1992/93/97/99 e 2013, 2017 a cura di Luigi Baldari) o in Collane ideate e dirette da DG:  I Nuovi Tentativi (1999-2002, Tirrenia Stampatori) e Tracce di benessere ricombinate (2017…) Araba Fenice, etc.  La progressione dei lavori sulla Creatività benessere è consultabile nel sito IIM, aggiornato al 2017 ( https://www.micropsicoanalisi.it/bibliografia-della-dott-ssa-daniela-gariglio/ ).

[22] “Dr. Jones è stato così generoso da fornirmi i materiali che hanno costituito la base di questo programma in anticipo rispetto la loro pubblicazione nel secondo volume della sua biografia Immacolata. Sono felice di ringraziarlo ancora una volta per la sua generosità.”.

[23] Cfr.Theodor Reik, The Haunting Melody, New York, 1953, p 342 e seguenti. Vedi anche Versione ridotta in un volume di L. Trilling, S. Marcus,  Ernest Jones- The Life and Work of Sigmund Freud, Basic Books, New York, 1961, pp. 279-28.

[24] Segnalo agli eventuali interessati, in merito alla “difficoltà a mantenere uno stato di benessere acquisito, in caso di nevrosi ossessiva”, tre lavori che specifico in bibliografia (Gariglio 2012, 2013a/b).

[25] Il libro Punti di luce (Demarchi, 2018) fa parte della nuova Collana ideata e diretta dalla sottoscritta: tracce di benessere ricombinate… (tbr), Araba Fenice. La collana si avvale della collaborazione dell’artista Albertina Bollati che accompagna i libri, con le sue illuminanti illustrazioni che narrano il nucleo del discorso sviluppato nel libro. Punti di luce è una ulteriore elaborazione di manifestazioni creative postanalitiche, inserite da Demarchi, vent’anni prima, nel libro Linguaggi. Rapporti nati dalla ricombinazione di voci antiche (collana I Nuovi tentativi, Tirrenia Stampatori).

[26] Ad es.  la donna narrò associativamente un suo abituale doppio movimento di danza e di nuoto in cui amava attorcigliarsi e slegarsi. E l’uomo, esperì più volte, in seduta, abituali suoi stati di soffocamento che, nella riedizione transferale di seduta (nella fattispecie “gruppi enormi di associazioni, sentite come intasanti perché non riuscivano ad approdare a qualcosa”) lo portarono ad associare sulla difficoltà di nascita, in quanto “feto troppo grosso” e a vedervi successivamente delle correlazioni nel modo di condurre la propria vita: accumulare ad libitum e poi avere difficoltà ad uscire in una nuova situazione, previa separazione dalla precedente.